«Secondo la legge italiana togliere i trattamenti di supporto vitale, che comprendono l'aria, la nutrizione e l'idratazione artificiale vuol dire compiere eutanasia». Lo ha detto il ministro della Salute Ferruccio Fazio intervenendo al XXIII Congresso Nazionale della S.I.T.I. (Società Italiana di Terapia Intensiva) promosso dagli Istituti di Clinica Chirurgica e di Anestesia e Rianimazione dell’Università Cattolica di Roma, che si è svolto venerdì 17 e sabato 18 dicembre 2010 al Policlinico Agostino Gemelli.
«I trattamenti di medicina intensiva - ha spiegato Fazio - comprendono sia le terapie propriamente dette, in cui rientrano i farmaci e l'ossigeno, sia il supporto vitale. Togliendo il supporto vitale si commette eutanasia, e ciò vale sia per i malati di cancro, sia per i tanti casi di stato vegetativo persistente. Queste decisioni devono essere prese dal professionista medico». Il ministro ha tenuto inoltre a sottolineare l'importanza dell'etica «come parte integrante della medicina. La terapia intensiva specialistica è una realtà di confine tra la vita e la morte. Si devono prendere decisioni difficili, in tempi rapidi e spesso senza tutte le informazioni sul paziente».
«Nessun codice deontologico - ha continuato il ministro - può fissare norme di comportamento valide per tutte le situazioni, perché ogni contesto è unico. Il medico, che è sempre pro vita, nel decidere deve fare considerazioni non solo mediche, ma anche etiche, giuridiche, morali e filosofiche''. Il ministro ha infine sottolineato che quando ''non c'è più spazio per il recupero dello stato di salute del paziente, si aprono due possibilità: o la morte biologica o le terapie palliative per evitare l'accanimento terapeutico nel caso in cui il quadro clinico sia compromesso e non più responsivo».
«Tra i temi affrontati in questo congresso, buona parte della discussione è stata dedicata al problema dell’etica in medicina – ha spiegato Gabriele Sganga, presidente S.I.T.I. e docente dell’Istituto di Clinica Chirurgica Generale dell’Università Cattolica di Roma - anche alla luce delle più recenti notizie di cronaca. Infatti, proprio nell’ambito della terapia intensiva, è oggi più che mai argomento di accese discussioni la necessità per il medico di affrontare (o riaffrontare) quelli che sono veri e propri problemi irrisolti: il confronto con malati e malattie ‘invincibili’ per cui le terapie e le tecnologie sembrano essere solo un mezzo per “ritardare la sconfitta”; la necessità nel saper gestire situazioni di urgenza e emergenza in cui spesso il rapporto con il paziente, la sua volontà e i suoi familiari viene meno».
Come affrontare in modo costruttivo le problematiche correlate ai “conflitti medico-paziente” spesso rilanciati dai media? Una risposta è stata proposta dalla lettura inaugurale “Come evitare una denuncia, come evitare un processo, come evitare una condanna” tenuta da Rodolfo Proietti, docente di Anestesiologia e Rianimazione presso la Cattolica di Roma. Proietti ha messo in evidenza la necessità di favorire il rapporto di fiducia medico-paziente-famiglia tramite il raggiungimento di due obiettivi: promuovere l’autonomia del malato e raggiungere una vera alleanza terapeutica, che non è solo condivisione del percorso assistenziale, ma partecipazione attiva alla sua realizzazione. «Per recuperare il rapporto di fiducia medico-paziente - ha detto Proietti - è indispensabile avvalersi di un nuovo modello di medicina, la cosiddetta “medicina di relazione” fondata su informazione, comunicazione e capacità di far emergere nella persona malata quella innata capacità di ‘resilienza’ necessaria per condividere il piano diagnostico-terapeutico (alleanza terapeutica)».
Andrea Cambieri, direttore sanitario del Gemelli, ha focalizzato il clima che negli ultimi tempi caratterizza il rapporto medico-paziente con la sua relazione “Guerra e Pace”. «L’aumento esponenziale registratosi negli ultimi dieci anni per il contenzioso medico-legale nelle nostre corsie ospedaliere - ha affermato Cambieri - ha innescato una spirale di eventi negativi che si auto-alimentano: il ricorso alla cosiddetta medicina difensiva, che aumenta sia i costi sanitari a carico della collettività sia i rischi per l’ammalato che si deve sottoporre a una maggiore quantità di test diagnostici anche invasivi e dai risultati non di rado contrastanti senza un sottostante ed evidente beneficio clinico; la difficoltà per le strutture e i professionisti nel reperire un’adeguata copertura assicurativa, in ogni caso infinitamente più onerosa e limitativa di un tempo; la moltiplicazione di strutture organizzative complesse non solo deputate all’abbattimento dell’errore medico, ma anche e soprattutto alla gestione dei reclami e delle conseguenze legali della malpractice. Il clima che adesso si respira nelle corsie è quello di una tensione latente, che a volte sfocia nel conflitto conclamato e aperto, e allora fa più notizia».
Ampio spazio è stato dedicato alle tecnologie più avanzate per l’assistenza al paziente acuto in particolare per ciò che riguarda la nutrizione in Terapia Intensiva. «Gli omega3, le cui proprietà sono riconosciute contro i radicali liberi e di cui sono ricchi alcuni alimenti base della dieta mediterranea - ha spiegato Sganga - sono utilizzati anche nella nutrizione artificiale. Una delle ultime novità su questo fronte è infatti rappresentata dalla immunonutrizione, in cui si aggiungono sostanze di origine nutritiva che attivano il sistema immunitari. Nella nutrizione artificiale – prosegue - in cui si tende a prediligere quella enterale, si cerca anche di ottenere un effetto farmacologico. Cosa che si ottiene aggiungendo ai nutrienti nuovi composti o modificandone la qualità. Ad esempio si impiega una maggiore quantità di aminoacidi ramificati perché hanno un effetto protettivo. Tra queste – ha concluso Sganga - vi sono la glutamina, le sequenze di Rna e gli omega3. In quest'ultimo caso si crea una sorta di dieta mediterranea artificiale, tagliata su misura per le varie categorie di pazienti, come i cardiopatici, i settici o nei casi di insufficienze d'organo».