Chi è che non ne ha mai fatto un giornali in classe o anche solo non ha partecipato a un’assemblea d’istituto in cui si tentava di tracciare un menabò? In ogni caso lo si deve a una intuzione molto lontana, che si deve pedagogo polacco Janusz Korczak, uno dei primi studiosi a comprendere l'importanza del rapporto tra media e scuola per l'educazione degli studenti. Per celebrare i 100 anni dalla nasscita il 24 maggio, per iniziativa del Cremit, diretto dal professor Per Cesare Rivoltella, si è svolta in ateneo una giornata di comparazione tra due modelli all'avanguardia nell'uso del pedagogico e didattico del giornalino prodotto in classe.
Alla presenza della professoressa Elena Riva, docente della facoltà di Scienze della formazione, e di Evelyne Bévort, vicedirettore del Clemi di Parigi, agenzia speciale del Ministero dell'educazione francese, il cui compito è creare relazioni tra il mondo degli insegnanti e quello dei media, sono state messe a confronto le due esperienze a cavallo delle Alpi. Il dibattito si è rivelato un'occasione per ripercorrere la storia dei giornali redatti dagli studenti medi e universitari nel corso della storia italiana: «Attraverso lo studio della stampa studentesca è possibile studiare le trasformazioni che hanno percorso il mondo dei media - spiega Riva -, analizzando in che modo si realizzi il concetto di cittadinanza e come questo termine abbia cambiato di significato nel tempo». Concetto di cittadinanza che bisogna insegnare ai bambini fin da piccoli, cercando di coinvolgere sia loro che gli insegnanti nell'esperienza del giornalino prodotto in classe. È proprio questo che si prefigge di fare il Clemi di Parigi: «Il Clemi porta avanti un esperimento di educazione sociale del cittadini - racconta Bévort -. Seguendo gli insegnamenti di Korczak, abbiamo introdotto l'attualità nelle scuole, creando dibattito e ascoltando e rispettando le opinioni di tutti i ragazzi. Solo così si realizza davvero il concetto di cittadinanza».