Le sue ricerche nell’area linguistica armena hanno portato contributi innovativi allo studio e alla storia della linguistica. Un’eredità culturale, quella del professor Giancarlo Bolognesi, accolta da alcuni allievi e collaboratori che, per rinnovarne nel modo più degno e appropriato il ricordo, hanno raccolto in un volume 34 contributi, tra cui alcuni inediti dello studioso di glottologia scomparso nel 2005 e per trent’anni docente all’Università Cattolica di Milano. Storia della linguistica e linguistica storica, questo il titolo del volume, curato da Rosa Bianca Finazzi, Paola Pontani, Andrea Scala e Paola Tornaghi, presentato l’11 gennaio in un incontro promosso dal Rotary Milano Est. Tra i partecipanti, oltre ai curatori, il rettore dell’Università Cattolica Lorenzo Ornaghi, il presidente del Rotary Marino Magri, il direttore dell'Istituto di Glottologia della Cattolica Alfredo Valvo, il presidente Rotary Club Milano Est Emanuela Scarpellini e numerosi allievi, colleghi e amici.
«Giancarlo Bolognesi aveva una vastità di conoscenze difficilmente immaginabile - ha detto il professor Valvo -. Il filo conduttore era la Glottologia, naturalmente, in particolare la Filologia germanica e l’armeno. Da questo ceppo si diramavano interessi di ogni tipo. In particolare, Bolognesi aveva una ammirazione e un interesse particolare per gli studi di armenistica di Giacomo Leopardi. Di numerosi aspetti dell’attività del poeta egli conosceva alcuni “segreti” come, per esempio, la vera data del ritrovamento del De re publica ad opera del Cardinale Angelo Mai». Infatti, fra i suoi numerosi libri - più di 200 lavori che trattano di linguistica storica e comparativa indoeuropea, lingue classiche, lingue germaniche - figura anche un originale testo su Leopardi e l’armeno, dove si parla dell’interesse del grande letterato per le traduzioni armene di antichi testi greci. Leopardi fu uno dei primi a capire che proprio attraverso le versioni armene si potevano ricostruire molti testi perduti di letteratura e filosofia, e si appassionò per cercare di ricostruire i testi originali. Bolognesi, espertissimo in armeno a differenza di Leopardi (che lavorava su versioni armene-latine), scoprì che l’intuito e la cultura del poeta gli permisero di ricostruire molti passi dei testi greci originali assai meglio dei suoi contemporanei.
Di Bolognesi, insieme alla passione per l’armeno, va ricordato anche l’amore per l’insegnamento. «Egli apparteneva a quella generazione di professori dell’Università Cattolica - ha osservato Alfredo Valvo - che ne ha consolidato l’immagine con la competenza, la fedeltà ai suoi principi ispiratori, la preoccupazione educativa messa sempre davanti ad altri interessi per il bene dei giovani». Del resto basta leggere anche quello Bolognesi scrive nella Premessa del volume: «Oggi si discute spesso dei non facili rapporti tra insegnamento e ricerca scientifica; sappiamo anche che in certi paesi si tende a separare l’uno dall’altra. Sulla base dell’esperienza maturata nel mio lungo magistero universitario trovo assolutamente inconcepibile la separazione tra ricerca e insegnamento, perché la prima trae linfa vitale dal secondo, e questo deriva efficacia e validità da quella. Il problema, a mio avviso, non è di separare l’insegnamento dalla ricerca, ma di trovare un giusto equilibrio tra loro, di fare cioè in modo che l’insegnamento (con tutti i suoi annessi e connessi) non soffochi la ricerca, come purtroppo sembra stia avvenendo. Ma si sa: quod facile dictu non semper facile est factu».
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