Quanto costa ridurre le emissioni di anidride carbonica? Nessuno lo può sapere esattamente, anzi, c’è il rischio che questi costi siano addirittura sottostimati. Lo ha spiegato Massimo Tavoni, ricercatore presso la Princeton University e la Fondazione Eni Enrico Mattei di Milano, durante i “Seminari del martedì” organizzati dall’Istituto di Teoria economica e metodi quantitativi.
La scarsa letteratura esistente sulle politiche climatiche mostra solo i risultati più ottimisti in relazione agli ambiziosi obiettivi climatici stabiliti dall’Unione Europea nell’ultimo G8 e dal vertice mondiale sul clima a Copenaghen. Secondo la ricerca condotta da Tavoni con alcuni colleghi, invece, esisterebbero costi altamente variabili specialmente negli scenari più difficili. L’analisi è stata condotta comparando i risultati di ricercatori di tutto il mondo, in particolare considerando 10 modelli di accertamento per 10 scenari, e combinando gli studi economici a quelli tecnologici.
«Politiche climatiche a lungo termine – ha spiegato Tavoni – con molta probabilità porteranno presto a un riscaldamento di almeno 2 gradi centigradi e i limiti di concentrazione di Co2 potrebbero essere oltrepassati prima del previsto, anche se temporaneamente». In Italia, per esempio, il valore di concentrazione di Co2 è di 435 parti per milione: senza politiche climatiche il limite di concentrazione di 450 ppm si raggiungerebbe in circa dieci anni.
«Il punto fondamentale – ha detto ancora Tavoni - è coinvolgere da subito i paesi in via di sviluppo». Nonostante i Paesi cosiddetti non-Annex 1 - cioè quelli non inclusi nella lista dei 36 industrializzati o emergenti allegata alla Convenzione quadro sui cambiamenti climatici delle Nazioni Unite -, non abbiano responsabilità passate e abbiano un'emissione pro-capite inferiore a quella dei Paesi sviluppati (anche se in casi come la Cina l’emissione totale è superiore a quella degli Usa), il loro contributo è sostanziale. Dall’altro lato, però, il coinvolgimento dei Paesi in via di sviluppo aumenterebbe i costi complessivi delle politiche climatiche e, soprattutto, richiederebbe un chiarimento su chi dovrebbe accollarsi queste spese.
Per risolvere questa problematica la ricerca individua due soluzioni. È fondamentale che i cosiddetti Bric (Brasile, Russia, India e Cina) prendano importanti decisioni in merito agli investimenti entro il prossimo decennio. Oltre ai processi di mitigazione delle emissioni, saranno inevitabili anche misure di adattamento: l’analisi prende in considerazione per esempio la possibilità di un commercio internazionale di anidride carbonica che favorisca i Paesi in via di sviluppo e li incentivi a investire in politiche e tecnologie “verdi”. Tornando invece alla questione dei costi per ridurre le emissioni, Massimo Tavoni ha ideato, insieme ad altri ricercatori di Princeton, la proposta di determinare le responsabilità nazionali delle emissioni di Co2 a partire dagli individui, cioè dalle emissioni pro-capite.
La proposta si è guadagnata il dodicesimo posto nella classifica stilata dal Times sulle 50 idee e innovazioni più interessanti del 2009.