di Elisa Giovanelli *
Dopo quasi 12 ore di volo, il primo impatto con la Cina è con le sue strade congestionate dal traffico, con i veicoli che sfrecciano in maniera disinvolta da una corsia all’altra, facendosi largo a colpi di clacson. Sul pullman, tenendomi stretta al bracciolo del mio sedile, osservo la miriade di biciclette, motorini e carretti di ogni tipo che, grazie a pratiche mantelle impermeabili, procedono a gran velocità anche sotto la pioggia battente. La prima meta è la città di Hangzhou, famosa per il Lago Occidentale circondato da templi e pagode, meta di romantiche passeggiate e gite in barca. A est del lago si trova l’Antica Via Qinghefang: un susseguirsi ininterrotto di botteghe e negozietti dove si può trovare ogni genere di souvenir, tra cui il famoso tè verde, il migliore della Cina. Cammino seguendo il fiume di persone, con lo sguardo che spazia a destra e a sinistra, ammirando i colori vivaci delle lanterne, sentendo gli odori dei cibi e degli incensi e cercando di districarmi tra pregevoli manufatti artigianali e imitazioni di scarso valore. “Quanto costa?” è una domanda che, soprattutto nei mercatini tradizionali, non ha una risposta definitiva: bisogna essere abili nell’arte della contrattazione. Il posto più affascinante è l’antica farmacia: in un ambiente elegante e raffinato si possono trovare preziose radici di ginseng, alghe, vermi essiccati e perfino serpenti sotto spirito. Tutto è grande, vasto e ampio in Cina. Il pullman attraversa i quartieri popolari e le campagne. Mi sembra di avere fatto un salto nel passato con i contadini che vendono i loro ortaggi agli angoli delle strade e le donne che lavano i panni nei corsi d’acqua. Il buio cala presto e nelle periferie non si vedono molte finestre illuminate.
Una megalopoli da 18 milioni di abitanti
L’arrivo a Shanghai è sorprendente: ora sono nel futuro, circondata da altissimi grattacieli dalle forme particolari che risplendono di luci colorate. Mentre percorro il Bund, l’area pedonale che si snoda lungo il fiume Huangpu, mi sembra quasi di essere entrata in un’altra dimensione. Con lo sguardo fisso verso l’alto ad ammirare gli avveniristici palazzi di Pudong proseguo tra la miriade di persone che sempre affolla le strade della città provando un misto di meraviglia, straniamento e confusione. Improvvisamente io, milanese abituata al traffico e al ritmo frenetico, mi sento piccola e disorientata: tanto per farsi un’idea la città occupa una superficie di circa 6.340,5 km² ed è abitata da più di 18 milioni di persone. Ci vuole un po’ per familiarizzare con la vasta metropoli: l’ideale è spostarsi con i taxi che qui sono molto economici. Con una guida che riporta i nomi delle strade e dei luoghi anche in cinese si riesce a comunicare con l’autista che non parla inglese e a raggiungere la meta desiderata. Per fare acquisti di ogni tipo basta andare sulla Nanjing Road, tripudio di negozi e centri commerciali dalle luminose insegne colorate. C’è un po’ di Europa anche a Shanghai: la Concessione francese con i suoi viali alberati e gli edifici più bassi dallo stile occidentale. L’elegante quartiere di Xintiandi offre locali alla moda e negozi di lusso e soprattutto qui si possono assaggiare i migliori ravioli al vapore di Shanghai. Più esploro la città più mi colpiscono i suoi contrasti e le sue contraddizioni: l’avveniristico grattacielo e la piccola bottega aperta direttamente sulla strada con l’immancabile tavolo dove qualcuno è seduto a mangiare mentre i bambini fanno i compiti; le persone che aspettano la metropolitana schierate in file ordinate e l’infernale traffico di veicoli, biciclette e pedoni in superficie. Si respira l’ansia di voler crescere a gran velocità e la voglia di assomigliare all’Occidente, anzi di superarlo nella sua occidentalità: le antiche testimonianze del passato permangono, ma rischiano di essere soffocate dall’inarrestabile sviluppo della megalopoli.
Il passaggio di testimone con Milano
Shanghai vuol dire anche Expo 2010: il ponte sullo Huangpu di notte si illumina come un arcobaleno e conduce nella zona della manifestazione dove, su una superficie di circa 5,3 km², sorgono oltre trecento padiglioni. All’interno di ciascuno di essi i vari paesi del mondo hanno interpretato il tema della manifestazione: Better City, Better Life (città migliore, vita migliore). I tempi ristretti e le lunghe code non mi permettono di visitarli tutti, ma il solo fare una passeggiata per ammirarli dall’esterno è un’esperienza meravigliosa: in poche ore si ha l’impressione di fare il giro del mondo e la voglia di viaggiare per davvero sale altissima. Il padiglione più grande e maestoso è quello rosso a piramide rovesciata della Cina, non lontano c’è quello del Giappone che sembra un gigantesco disco volante. I padiglioni orientali di India, Thailandia e Cambogia richiamano le architetture locali e al tramonto l’edificio a mezzaluna dell’Arabia Saudita con le palme da dattero in cima sembra davvero un’oasi nel deserto. Nel settore europeo spicca il padiglione della Svizzera che riproduce le sue verdi montagne con tanto di funivia, quello inglese invece è a forma di riccio e in ogni aculeo in fibra ottica è custodito un seme della biodiversità mondiale. Ceste di paglia formano il padiglione spagnolo che punta a colpire emotivamente il visitatore grazie ad un insieme ben orchestrato di immagini, luci e suoni che conducono ad un gigantesco bambino del futuro, francamente un po’ inquietante. Nel padiglione italiano respiro aria di casa: qui sono esposti i prodotti di eccellenza, dalla Ferrari alla pasta, dagli abiti d’alta moda agli strumenti dell’orchestra della Scala appesi su una parete verticale. Ho la fortuna di visitare l’Expo proprio poco prima della sua chiusura, nel giorno in cui avviene il passaggio di consegne tra Shanghai e Milano che ospiterà l’edizione del 2015. Complessivamente la manifestazione è stata visitata da 73 milioni di persone.
Arriva l’ultima sera, l’ultima passeggiata sul Bund: il giorno dopo si torna a casa. Ho scattato centinaia di fotografie, ma le istantanee migliori sono quelle che conserverò per sempre nei miei ricordi: piccoli frammenti di vita, incontri, volti, sguardi, sorrisi meravigliati di chi non era abituato a vedere turisti occidentali. Questo viaggio è stato davvero un’esperienza unica e indimenticabile e non poteva essere altrimenti, vista la concomitanza di due fattori: un paese straordinario da scoprire e impareggiabili compagni di viaggio con cui condividere questa avventura.
* Diplomata nell’ultima edizione del master in Scrittura e produzione per la fiction e il cinema. Ha lavorato presso una società di produzione televisiva, su programmi per RaiDue e Canale Italia.