«L’empatia è diversa dalla compassione, l’interesse per l’altro deve preesistere alla percezione di esso come vittima». Laura Boella, professore ordinario di Filosofia morale all’Università degli Studi di Milano, dialogando con il professor Fausto Colombo nei Mercoledì di “Vita e Pensiero”, ha messo in guardia dall’eccesso di entusiasmo e dalla banalizzazione del concetto di empatia. Un argomento già affrontato nel suo articolo Empatia, forza preziosa per una società a rischio, pubblicato sull’ultimo numero della bimestrale “Vita e Pensiero”, che ha dato lo spunto per l’incontro in libreria.
In un periodo di riscoperta di questa «forza preziosa», proliferano gli studi scientifici su quella che si configura come qualità naturale dell’uomo e che da molti studiosi viene enfaticamente percepita come soluzione a tutti i mali della nostra società e della nostra politica. Secondo la professoressa Boella questa abilità innata viene spesso erroneamente ritenuta di per sé garante della costruzione di legami positivi. Ma è necessario distinguere: «Una cosa è la natura intersoggettiva dell’umano, un’altra l’educazione e l’impegno a un uso consapevole di questa qualità».
Boella e Colombo hanno preso in esame il fenomeno dilagante dei social network, per alcuni studiosi – fra i quali figura Jeremy Rifkin con il suo contributo The Age Of Empathy. Nature Lessons for a Kinder Society (2010) – habitat ideale della condivisione e dunque dell’esercizio dell’empatia. Ma è poi vero che noi andiamo su Facebook per condividere idee ed esperienze e spinti dall’interesse genuino per l’altro? «In realtà – affermano - i social network funzionano più che altro come un palcoscenico, sul quale narcisisticamente ci si costruisce un’identità da “vendere” agli altri utenti».
Un approccio scientifico all’empatia non è d’altra parte sufficiente perché questa importante qualità venga valorizzata fino a diventare una risorsa effettiva nella costruzione di legami positivi e dunque nel risanamento della nostra società: «Una scienza dell’empatia – conclude Laura Boella - ci mette di fronte al fatto che un’importantissima risorsa umana troppo sbrigativamente viene assimilata a un istinto sociale innato e a un sentimento o a un circuito neuronale». Occorre un passo in più, quello dell’impegno e della consapevolezza, che trasformino la capacità empatica in una porta che si dischiude sulla realtà e sul mondo degli altri.