Parole da gustare, alimenti da conoscere. È l’esperienza che può capitare di fare a chi partecipa a una riflessione interdisciplinare sul senso del nutrirsi, che parte con un percorso nella cultura e nelle culture e si conclude con un esperimento sensoriale. Ed è quanto è avvenuto il 19 marzo in largo Gemelli per il convegno La disciplina del cibo. Il ritmo e il senso del nutrirsi. Teologia e saperi a confronto. Organizzato dal gruppo Fuci “G. Lazzati” dell’Università Cattolica, dal Circolo “Romano Guardini” del Meic di Milano e dell’Università Cattolica insieme a Munera. Rivista europea di cultura e all’Associazione L’Asina di Balaam con il sostegno del Centro Pastorale dell’Università Cattolica, l’iniziativa ha messo a confronto tre esperti di diverse aree disciplinari, nello spirito di queste giornate teologiche, che sono giunte ormai all’undicesima edizione.
Anna Casella Paltrinieri, docente di Antropologia culturale all’Università Cattolica del Sacro Cuore, ha affrontato il tema Il ritmo del nutrirsi nelle culture: uno sguardo antropologico a partire dalle modalità mediante cui le culture si procurano il cibo. Un intervento centrato su parole chiave come sacrificio-fiducia; fatica-pazienza; convivialità-rinuncia, declinate con esempi di culture di parti diverse del mondo. Secondo l’antropologa in nessuna cultura il modo di procurarsi il cibo mediante raccolta, allevamento o agricoltura possiede solo una dimensione materiale, ma al contrario fa emergere sempre la questione del senso.
La relazione di fra Luca Fallica, priore del monastero di Dumenza in provincia di Varese, portava il titolo Digiuno e sazietà: una lettura teologico-spirituale. Sullo sfondo della prospettiva biblica, è emerso come mangiare e bere rappresentino un filo conduttore della storia della salvezza sia nel Primo che nel Nuovo Testamento. Nel racconto della creazione in Genesi 1 Dio stesso si impone il limite del sabato, il tempo della meraviglia di fronte al creato. Dio dona il creato – e quindi anche il cibo – agli esseri umani perché si comportino in modo analogo. In Genesi 3 emerge l’esperienza del peccato, che passa proprio dall’incapacità di uomo e donna di digiunare, di accettare il “non toccherai” di Dio sull’albero della conoscenza del bene del male. Un divieto che ha lo scopo di insegnare agli essere umani a vedere tutto come dono.
Riguardo al Nuovo Testamento il priore ha concentrato la sua attenzione sul capitolo 6 del Vangelo secondo Matteo, e in particolare sulle parole chiave “digiuno”, “preghiera”, “elemosina” che connotano la relazione con Dio. Se al centro rimane la preghiera, digiuno ed elemosina esprimono da un lato il rapporto con i beni della terra e dall’altro il rapporto con gli altri sotto il segno della condivisione. Nel rapporto con il cibo, Gesù stesso incarna la condivisione mediante il digiuno, il prendersi cura della fame degli altri e infine il dare se stesso come cibo nell’Ultima Cena.
Enrico Molinari, docente di Psicologia Clinica all’Università Cattolica del Sacro Cuore, nella sua relazione Ritmo del nutrirsi e disordini alimentari è partito dalla differenza fra “raccoglitori” (coloro che raccolgono quanto basta) e “accumulatori” (coloro che accumulano tanto più del necessario). Una differenza che coglie la caratteristica dei disturbi alimentari (anoressia, bulimia, obesità) come manifestazione dello spirito dei nostri tempi, di una società basata sul visivo ostentabile.
Letti come non accettazione del limite, i disturbi rivelano la difficoltà di coloro che ne soffrono di cambiare il “film” che si è fatto su se stessi, proprio perché il “film” è il tentativo di dare una risposta all’esistenza. Infatti, si inizia a mangiare dalla nascita e si continua a mangiare fino alla fine, quindi i disturbi alimentari sorgono in quanto gli esseri umani sono gli unici esseri consapevoli della morte in un intreccio di storia familiare ed eventi traumatici.
A conclusione della relazione il professor Molinari ha coinvolto l’uditorio in un esercizio di Mindfulness: dopo aver distribuito a ogni persona presente un pezzetto di pane, ha invitato a diventare consapevoli del pane con tutti i sensi. Un esercizio valido non solo nei confronti del cibo, ma di ogni attività.