Con un potenziamento della capacità di diagnosi precoce delle malattie epatiche si potrebbero evitare ogni anno circa 68.000 casi di cirrosi, 4.100 casi di epatocarcinoma e gran parte dei trapianti di fegato oggi eseguiti annualmente nel nostro Paese.
È solo uno dei dati presentati, giovedì 28 aprile, al Primo Workshop Nazionale di Economia e Farmaci in Epatologia (WEF-E 2011) coordinato da Antonio Gasbarrini e Americo Cicchetti, professori ordinari, rispettivamente, di Gastroenterologia e di Organizzazione Aziendale all’Università Cattolica.
In Italia si stimano in oltre 2 milioni le persone con infezione da virus B e C e a questi casi vanno ulteriormente aggiunti quelli di soggetti affetti da epatopatia alcolica, le forme autoimmuni e quelle legate a disfunzioni metaboliche, in rapida crescita in relazione all’aumento delle problematiche legate all’obesità. Dati ISTAT riferiti al nostro contesto nazionale indicano più di 11.000 decessi/anno a causa di cirrosi o tumore del fegato.
Cirrosi epatica e tumori del fegato, epatiti virali e da alcol, steatosi epatica e sindrome metabolica sono tra le prime cause di ricovero nel nostro Paese e la mortalità e la morbilità dovute a tali malattie sono ampiamente prevenibili. La maggior parte delle malattie epatiche, infatti, sarebbero gestibili farmacologicamente, ma se non diagnosticate correttamente non possono essere trattate in maniera appropriata.
Secondo il “TECHNICAL REPORT Hepatitis B and C in the EU neighbourhood: prevalence, burden of disease and screening policies September 2010” l’Italia è il paese europeo con il maggior numero di soggetti HCV positivi e detiene il triste primato di mortalità in Europa per tumore primitivo del fegato (HCC).
Lo strumento dello screening costituisce la migliore attività per identificare i pazienti affetti da malattie da HCV. Infatti, la diagnosi precoce a seguito di un test di screening delle epatiti croniche si configura come un efficace strumento per un tempestivo trattamento delle infezioni funzionale all’arresto della progressione delle malattie epatiche.
A fronte di un costo annuo di 200 milioni di euro necessari a individuare e trattare la popolazione italiana a rischio di 554.000 individui, ha stimato Matteo Ruggeri, economista dell’Università Cattolica, si potrebbero evitare ogni anno circa 68.000 casi di cirrosi, 4.100 casi di epatocarcinoma e gran parte dei trapianti di fegato oggi eseguiti annualmente nel nostro Paese. La vita dei soggetti positivi al test di screening, inoltre, si allungherebbe di circa un anno e mezzo. Tale risultato diviene significativo se si considera che il costo di un malato di cirrosi o epatocarcinoma è di circa 1.600 euro, per cui l’investimento sarebbe “solo” di 47 milioni di euro.
Per quanto riguarda l’epatite da virus C verrà analizzata nel dettaglio la prevalenza dell’infezione (>3% nei soggetti nati prima del 1950 con aumento progressivo con l’età e prevalenza maggiore nelle aree Meridionali e insulari rispetto a quelle del Centro e del Nord): la malattia di fegato legata all’HCV potrebbe raddoppiare nel 2020 se non saranno identificate e trattate tutte quelle forme di epatite silenti non diagnosticate e se non verrà ridotto il bacino di riserva dell’infezione, con l’introduzione di un programma di sorveglianza nazionale per i pazienti a rischio. Questo permetterà la prevenzione dello sviluppo di cirrosi e diminuirà lo sviluppo di scompenso epatico e di epatocarcinoma.
Oltre ad aver presentato costi, efficacia e limiti della terapia antivirale convenzionale, sono stati presentati i nuovi attesissimi farmaci antivirali diretti di nuova generazione (inibitori delle proteasi come telaprevir e boceprevir) che arriveranno nel nostro Paese nel primo quadrimestre 2012 e che rappresenteranno una “rivoluzione” terapeutica per tutti quei pazienti che non rispondono alle terapie tradizionali. “L’efficacia di questi nuovi farmaci e le decine di migliaia di pazienti che ne potrebbero beneficiare rende cruciale una attenta analisi economica preliminare – ha affermato il gastroenterologo della Cattolica Gasbarrini - che non può non tenere conto che una terapia antivirale efficace è l'unica arma che abbiamo a disposizione per prevenire lo sviluppo del tumore del fegato”.
A completare gli argomenti trattati nel workshop è stata l’analisi del rischio di sviluppo di cirrosi o epatocarcinoma a partire da epatite cronica da HBV. “La prevalenza dell’infezione cronica da HBV negli ultimi 5 anni in particolare è aumentata e un contributo significativo è dato da gran parte della popolazione immigrata proveniente dai paesi dell’Est Europa e dell’Africa – ha continuato Gasbarrini - . Attualmente si stima che in Italia ci siano circa 600.000 pazienti HBV, extracomunitari esclusi. Un programma di screening, mirato a individuare precocemente i soggetti infetti e suscettibili di intervento terapeutico e il controllo della diffusione dell’infezione mediante la vaccinazione, sono degli strumenti potenzialmente in grado di indurre una più rapida risoluzione della malattia HBV indotta rispetto a quanto accade per l’epatite C e non è irrealistico porsi l’obiettivo di eliminare l’infezione da virus B e il carico delle malattie epatiche a essa associante entro il 2030”.
In occasione del workshop, ha spiegato l’economista della Cattolica Americo Cicchetti, “abbiamo sviluppato un modello di valutazione economica (modello di Markow), che ha dimostrato che conviene effettuare
lo screening per le popolazioni a rischio di epatite B e C piuttosto che trattare pazienti che sviluppano le complicanze di queste malattie non trattata per tempo (epatocarcinoma). “Il nostro modello – ha precisato il professor Cicchetti - evidenzia chiaramente che la possibilità di avviare uno screening per le epatiti sarebbe di gran lunga l'opzione migliore sotto il profilo del costo efficacia. Il profilo costo-efficacia migliorerebbe ulteriormente, considerando le nuove terapie in arrivo che, si stima, incrementeranno di circa tre volte quanto il SSN spende oggi per trattare le patologie derivanti dalle epatiti, raggiungendo un miliardo di euro nell'arco di pochi anni”.
In occasione dell’evento, patrocinato da varie Società Scientifiche tra cui l’Associazione Italiana Studio del Fegato (AISF) e la Società Italiana di Health Technology assessment (SIHTA), Raffaele Bruno, segretario dell’Associazione Italia Studio del Fegato, è stato presentato il Libro Bianco 2011 delle Malattie di Fegato in Italia, una dettagliata analisi dell’impatto epidemiologico-clinico e dei costi legati alle malattie di fegato nel nostro paese.