Il mercato unico sarà anche impopolare ma non è mai stato così necessario. Lo dice Mario Monti senza girarci troppo intorno. L’ex Commissario Ue alla Concorrenza e recentemente autore del rapporto “Una nuova strategia per il mercato unico”, realizzato su incarico del presidente della Commissione Ue José Manuel Barroso, è il secondo illustre ospite dei Colloqui sull’Europa, l’iniziativa promossa dall’Istituto di Economia e Finanza di largo Gemelli per riflettere sul particolare momento storico che attraversa l’Unione a 27.
Monti affronta il tema del mercato interno europeo, senza perdere l’aplomb britannico ma, allo stesso tempo, non risparmia critiche al pantano in cui il processo d’integrazione è finito negli ultimi anni. «Dal 2003 l’Europa mostra segni di stanchezza nei progressi sull’integrazione. Abbiamo appurato, anche alla luce della crisi finanziaria, che non ci sono cedimenti della moneta unica europea. Il tasso di cambio dell’euro rimane solido seppur con qualche oscillazione. È entrata in crisi la zona euro perché i bilanci e la salute pubblica degli Stati hanno cominciato a zoppicare». Inoltre, come ex responsabile al mercato interno e grande conoscitore delle dinamiche economiche, Monti avverte: «C’è un legame tra la crisi finanziaria e il mercato unico ed è la scarsa apertura dei mercati nazionali al mercato interno europeo. La Grecia insegna perché nel piccolo paese dell’Unione c’è stata una quasi totale chiusura del mercato alle aziende europee e molte ombre ci sono sulla gestione degli appalti pubblici. Questo ha portato – aggiunge Monti – a poca concorrenza e molta corruzione. Il saldo, alla fine, lo hanno pagato lo Stato e i cittadini, con il dissesto delle finanze».
Alla luce di questa crisi finanziaria e della fatica da integrazione, l’ex commissario racconta di essere stato chiamato nell’ottobre del 2009 dall’attuale presidente della Commissione, Manuel Barroso, per redigere un rapporto sul rilancio del mercato unico. «Il mercato unico europeo non è mai stato così necessario come in questo momento storico. Tre sono le ragioni: non è stato completato (servizi, mercato on-line, digitale); l’eurozona è mal funzionante e passi indietro sono stati fatti sull’apertura dei mercati interni nazionali; infine la crisi finanziaria pone l’accento su una frammentazione che danneggia l’Europa». Al tempo stesso, Monti ammette che «il mercato unico non è mai stato così impopolare. Il perché «si può riassumere nella famosa direttiva Bolkestein, riguardante la circolazione dei servizi. L’idraulico polacco ne è il simbolo». E se la Francia fu uno dei principali paesi contrari a questa direttiva, è il comportamento attuale di un altro grande Paese dell’Unione a far riflettere. «La Germania ha sempre avuto una visione sistemica e di lungo periodo nelle grandi riforme europee. Ora ha smarrito questa peculiarità. Le ragioni vanno ricercate nella spaccatura interna tra socialdemocratici e popolari su alcuni grandi temi. Il più importante è quello degli eurobonds da emettere».
E proprio questa opzione è stata considerata una rete di salvataggio nel lavoro che Monti ha editato ad aprile 2010: «Il mio studio propone due soluzioni: l’emissione degli eurobonds per sottrarre alla Banca centrale europea il gravoso compito di finanziare le grandi crisi. E, in secondo luogo, il coordinamento della fiscalità. L’Europa dovrebbe aumentare l’aliquota sugli strumenti finanziari e abbassare quella sul lavoro». Infine, Monti bacchetta l’Italia, «capace di zampate che hanno lasciato il segno nel processo di integrazione europeo. Eppure, colpevole di considerare ancora l’Europa come qualcosa di diverso da quello che noi siamo».