Impegno assoluto, dedizione ai malati, rigore morale, onestà intellettuale, salda fede cristiana. Queste espressioni sono state ripetute più volte nei ricordi pubblici e in quelli privati e personali in occasione del rito funebre per la morte, avvenuta a Roma lo scorso 11 febbraio, all’età di 81 anni, di Luigi Ortona, professore emerito della facoltà di Medicina e Chirurgia dell’Università Cattolica di Roma, fondatore della scuola degli infettivologi dell’ateneo del Sacro Cuore e della Clinica di Malattie infettive del Policlinico Gemelli, che diresse per oltre venti anni.
Una lunga e proficua carriera accademica e sanitaria come docente, clinico e ricercatore tutta svolta nell’ateneo fondato da padre Gemelli. Tutte le componenti della comunità universitaria si sono strette intorno ai familiari per l’ultimo saluto al professor Ortona lo scorso 15 febbraio nella Chiesa centrale dell’Università Cattolica di Roma. Per le esequie erano presenti il prorettore della Cattolica Luigi Campiglio, il direttore amministrativo Antonio Cicchetti, il preside di Medicina Paolo Magistrelli, il direttore di Sede Giancarlo Furnari, il direttore del Policlinico Cesare Catananti, numerosi rappresentanti del personale docente e non docente. La loro presenza stava a testimoniare il profondo senso di riconoscenza per la sua lunga e intensa attività svolta in Cattolica, che gli è valsa la stima e l’affetto degli ex allievi, dei docenti di altre università, degli amici, tra cui il rettore della Sapienza Università di Roma Luigi Frati, presente al rito funebre, uno dei primi laureati della facoltà di Medicina della Cattolica.
La storia di Ortona in Cattolica e al Gemelli ha inizio nei primi anni ‘60. Un legame mai interrotto. Giunto tra i primissimi al momento dell’avvio del Gemelli, la sua vita si identifica con quella di questo Policlinico, vivendo da protagonista diverse stagioni: quella da direttore sanitario, poi da preside di facoltà, da prorettore per la ricerca scientifica, componente del Comitato permanente dell’Istituto Giuseppe Toniolo.
«È stato illustre docente di questo ateneo e medico esemplare per professionalità, ricerca scientifica e dedizione – ha detto nell’omelia don Dino Pessani, assistente ecclesiastico della Cattolica di Roma. In questo momento sentiamo nel nostro cuore sentimenti diversi. C'è il dolore e la tristezza della separazione da una persona cara, c'è la gratitudine e il ringraziamento per il medico, il clinico, l'uomo di scienza, il docente che molti hanno conosciuto e apprezzato. Dobbiamo riconoscere in lui la presenza di un alto profilo morale, che ha saputo coniugare con spirito di servizio verso l'Università Cattolica, ricoprendo molteplici incarichi istituzionali con umiltà, con dedizione alla cura dei malati. Ciò che ha permesso al professor Ortona di esplicare tutte queste sue funzioni credo sia stata la sua forte fede cristiana, il suo essere credente che ha nel Vangelo e nella figura di Cristo il suo riferimento».
Il preside di Medicina Paolo Magistrelli, in un breve e commosso omaggio, ha ricordato l'impegno, la dedizione, lo spirito di servizio che lo hanno sempre contraddistinto. «Ortona, con la sua carica contagiosa, ha saputo trasmettere agli studenti un insegnamento mai disgiunto dall’attenzione alla pratica clinica, manifestando sempre come medico e come maestro una grande umanità».
È toccato al professor Roberto Cauda, erede di Ortona nella cattedra di Malattia infettive, pronunciare il discorso pubblico di commiato dal suo grande maestro al termine della celebrazione. «Parlo a nome non solo mio, ma di tutti gli allievi che si sono formati in questi anni sotto la guida del professor Ortona. Credo gli farebbe piacere che noi lo ricordassimo nella sua veste di docente e di medico che per tutto l’arco della vita ha agito con inesauribile energia, rigore e onestà. La ben nota impetuosità del carattere era del resto l’espressione di quale importanza egli dava a questo suo impegno». Cauda ne ha ricordato alcuni degli episodi più noti della sua attività di clinico: «Ortona è stato tra i curanti di Sua Santità Giovanni Paolo II in occasione dell’attentato subito nel 1981». Ma anche quelli meno conosciuti che danno il senso della sua vocazione di medico cristiano, il suo modus operandi per oltre cinquant’anni di attività: «Ha curato tanti altri meno noti ammalati tra cui tanti giovani con l’Aids nel periodo più buio dell’epidemia negli anni ‘80. Nei confronti di tutti ha avuto lo spesso impegno e la stessa dedizione. Ha svolto quotidianamente la sua professione di medico al servizio dell’ammalato al quale si rivolgeva con professionalità, rispetto e direi meticolosità, creando una tradizione di rigore nella gestione della clinica che ha dato i suoi frutti».
Cauda ha infine ricordato come Ortona sia stato un forte sostenitore del ruolo centrale della sanità pubblica. «Allevato alla scuola di grandi maestri del passato quali Frugoni, Di Guglielmo e Giunchi, Ortona aveva del ruolo di docente universitario un rispetto, direi una sacralità che spesso oggi non viene compresa. Ha svolto appieno questo compito di docente, cercando di trasmettere quel sapere medico appreso da quei maestri alle giovani generazioni sia attraverso la lezione ex cattedra, ma anche, e soprattutto in linea con quella tradizione, al letto del malato con l’esempio e l’esperienza». Grande clinico, grande maestro e intuitivo ricercatore, sempre con lo sguardo fisso al malato. «Mai una ricerca finalizzata solo alla pubblicazione, ma con risvolti utili per gli ammalati. Negli anni 50, ha intuito tra i primissimi quali impatto potesse avere l’uso indiscriminato degli antibiotici che allora facevano la loro comparsa in clinica come farmaci miracolosi, in termini di resistenza e quindi di ridotta efficacia. Per tanti anni, all’interno di questo Policlinico e di questa facoltà, un punto di riferimento certo per quanti si rivolgevano a lui per un consiglio sulla salute o sull’accademia, certi di essere ascoltati e aiutati». Cauda ha concluso il suo discorso ricordando un fatto personale avvenuto dieci anni fa al momento del passaggio di consegne nella direzione della Clinica delle Malattie infettive. «Mi era venuto spontaneo oltre che di ringraziare il professor Ortona dei tanti insegnamenti, augurarmi di potere applicare lo stesso suo rigore e la stessa sua onestà intellettuale nel ruolo che mi accingevo ad assumere, un augurio e un impegno che oggi mi sento di riconfermare anche a nome di tutti gli allievi».