«Mi hanno chiesto per chi scrivo e ho risposto che sono orgogliosamente freelance, lavoro per tutti e per nessuno», ha affermato la giornalista e documentarista Laura Silvia Battaglia, vincitrice della sezione “Giornalisti siciliani emergenti” del Premio internazionale di Giornalismo Maria Grazia Cutuli. In occasione della cerimonia per l’assegnazione del riconoscimento - svoltasi il 22 e 23 novembre a Catania e a Santa Venerina – la reporter ha infatti spiegato in che cosa consiste la figura poliedrica del freelance, capace di lavorare con media di tipo diverso, e di come stia sostituendo nel tempo quella dell’inviato, diventato ormai troppo costoso per i giornali. «Ho scelto di essere indipendente, l’idea di non avere un padrone mi piace», spiega Battaglia parlando del suo lavoro.
Ha iniziato nel 1998 a occuparsi di cronaca per La Sicilia, poi ha deciso di trasferirsi a Milano. Il momento della svolta è stato accompagnato dalla voglia di agire liberamente, dando voce a chi non ne ha, libera di poter parlare della realtà senza condizionamenti.
Ma il suo lavoro di reporter è accompagnato da quello di docente. «Dopo aver frequentato la scuola di Giornalismo dell’Università Cattolica ho deciso di rimanere come tutor», iniziando così a dedicarsi anche all’insegnamento. «La vicinanza con i ragazzi del master mi ha aiutato a tenere sempre viva quella passione che spesso si viene a perdere all’interno delle redazioni dei quotidiani, dove i ritmi frenetici portano molti giornalisti a perdere di vista il motivo per cui hanno deciso di intraprendere questa professione». L’indipendenza lavorativa dalle redazioni e il calendario universitario, le permettono attualmente di poter dividere la sua vita tra Milano e Sanaa, in Yemen, dove lavora come corrispondente per Transterra media, agenzia americano-libanese.
Dal 2007 ha iniziato la sua carriera di documentarista e reporter in zone dilaniate dai conflitti, «in questi luoghi anche quando si spengono i riflettori il pericolo non diminuisce». Attualmente sta lavorando sul materiale video raccolto durante i suoi ultimi viaggi in Iraq, Yemen e Gaza, luoghi in cui «girare con una telecamera in mano è più pericoloso che con un kalašnikov» e in cui i giornalisti sono considerati un rischio per il mantenimento di sistemi dittatoriali basati sulla corruzione e sull’assenza di trasparenza. «Sono le persone comuni a scontrarsi con questo tipo di realtà postbelliche o di crisi, subendone il prezzo», spiega Battaglia.
Queste tematiche di tipo sociale e di denuncia sono sempre state presenti nei lavori della freelance catanese. Ricordiamo tra i suoi documentari “Unknown Iraq”, vincitore del Premio giornalisti del Mediterraneo 2013, e “Maria Grazia Cutuli. Il prezzo della verità”, realizzato con Matteo Scanni e Armando Trivellini e vincitore del Premio Giornalistico Giancarlo Siani 2010. Quest’ultimo è stato particolarmente rilevante per Battaglia, che sottolinea come Maria Grazia Cutuli sia «sempre stata il faro che ha guidato la mia vita professionale».