Un volume che raccoglie la storia degli ultimi 21 anni della facoltà di Scienze politiche. E che, con dovizia di particolari, descrive le novità che l’hanno caratterizzata durante questo lungo arco di tempo, i cambiamenti che di volta in volta sono stati introdotti - anche sotto la spinta delle diverse riforme universitarie - e soprattutto i principi che in poco più di un quarto di secolo di vita dell’Ateneo l’hanno ispirata: sussidiarietà, sviluppo e interdipendenza. A raccontarla in prima persona il professor Alberto Quadrio Curzio, professore di Economia politica e tra i principali protagonisti di questo periodo storico di Scienze politiche, la facoltà in cui egli stesso si laureò nell’autunno del 1961, entrò come ordinario nel 1976, divenendone poi preside nell’anno accademico 1989-1990.
«Si tratta di una riflessione che, per la sua portata, idealmente va posta accanto ai quattro volumi di Vita e Pensiero che hanno ricostruito la storia istituzionale dell’Università Cattolica del Sacro Cuore». Così ha esordito il rettore Lorenzo Ornaghi rivolgendosi alla platea di docenti, ricercatori, studenti e personale tecnico amministrativo che lo scorso 27 giugno hanno assistito nell’Aula Pio XI alla presentazione del volume La facoltà di Scienze politiche della Università Cattolica. 1989-2010 Profili istituzionali e internazionali nella interdisciplinarietà, del professor Quadrio Curzio (“Vita e Pensiero”, 2011). Oltre all’autore e al rettore Ornaghi, al tavolo dei relatori c’era anche il professor Carlo Beretta, che è succeduto a Quadrio Curzio alla guida di Scienze politiche. «Questo libro – ha aggiunto il rettore – costituisce un utile strumento perché consente di guardare non solo al futuro che ci aspetta, ma anche alle origini della facoltà. Non a caso quando padre Gemelli dà corpo all’ateneo dei cattolici italiani la prima facoltà che ha in mente è proprio quella delle scienze sociali, dal momento che era sua l’idea che per formare una buona classe dirigente l’insegnamento della politica economica non potesse prescindere da un’attenta comprensione della società». Di qui, la nascita della scuola di scienze sociali ed economiche, da cui deriverà nel ’36 Scienze politiche.
Un’impostazione accademica, quella data dal fondatore, mantenuta viva dai presidi che dall’istituzione della facoltà si sono succeduti alla sua guida: Marcello Boldrini, Francesco Vito, Gianfranco Miglio. La stessa che ha ispirato anche i 21 anni di presidenza del professor Alberto Quadrio Curzio. «Nel chiudere la mia attività accademica come preside e come professore ordinario ho ritenuto utile elaborare un rendiconto della mia presidenza in una facoltà della quale sono molto orgoglioso e alla quale ho dedicato quasi tutta la mia vita professionale», ha spiegato durante il suo intervento l’autore del volume. Che ha aggiunto: «Sin da studente capii quanto la tradizione contava nella nostra facoltà e capii il significato dello stile accademico. Vito e Miglio avevano una concezione quasi sacrale della accademia che molto mi influenzò. Mi confermai in queste convinzioni all’Università di Cambridge dove mi recai dopo la laurea e dove ho avuto l’onore di essere nominato “Distinguished Academic Visitor” presso il Queen’s College e Visiting Research Fellow presso il Centre for Financial Analysis & Policy della Judge Business School per l’anno accademico 2011-2012».
Il professor Quadrio Curzio si è poi soffermato a illustrare alcune scelte attuate negli anni della presidenza e, alla luce delle quali, la facoltà ha intrapreso un cammino di rinnovamento, senza però mai alterarne l’impostazione formativa, quanto piuttosto consolidandola. «Ho sempre pensato, e in questo mi sono trovato in perfetta consonanza con Gianfranco Miglio, che il rischio maggiore per una facoltà di Scienze politiche fosse quello di una segmentazione in piccole corporazioni disciplinari. Ecco perché ho cercato di evitarne la formazione, mettendo in primo piano le opinioni dei docenti e i loro punti di vista». Una scelta fondamentale, dunque, è stata quella di limitare la moltiplicazione degli insegnamenti, al fine di privilegiare la formazione di una base di conoscenze comuni, indipendentemente dall’indirizzo di studi prescelto dagli studenti. «Negli anni della mia carriera accademica ho creduto che fosse corretto avere dai 20 ai 24 insegnamenti: questo perché sono convinto che la proliferazione degli esami non è garanzia di una solida conoscenza». A tal proposito, non meno importante è stata la scelta di diminuire il numero di insegnamenti mutuati da altre facoltà, passando dai 35 registrati nel 1989-1990 ai tre del 2009-2010. Un risultato conseguito anche grazie all’aumento di professori ordinari, passati dai nove del 1988-89 ai 19 del 2009-10. Come pure fondamentale si è rivelata la scelta di introdurre nuove materie, fino a qualche anno prima neppure contemplate dall’ordinamento didattico. Scelte che si sono rivelate fruttuose. Basti pensare la crescita degli iscritti, ormai consolidata attorno ai 1.500-1600 contro i 1.200 del 1989-1990.
Nel corso della presentazione del volume sono stati menzionati i numerosi riconoscimenti conferiti dalla facoltà a grandi personalità che nella loro attività istituzionale hanno saputo unire molte delle convinzioni, conoscenze e competenze proprie di Scienze politiche. «Tre le filiere lungo le quali abbiamo svolto il nostro disegno culturale – ha spiegato il professor Quadrio Curzio - assegnando lauree honoris causa e premi internazionali: europea, sovranazionale e delle democrazie di frontiera. In un certo senso, un ulteriore filo connettivo di questi riconoscimenti è stato anche quello del dialogo interculturale. Ne sono un esempio i Premi internazionali “Matteo Ricci” attribuiti ai due gesuiti Giuseppe Pittau e Gianpaolo Salvini».
La presidenza del professor Quadrio Curzio dunque, come testimonia lo stesso volume, ha scritto un periodo importante e quanto mai significativo della storia di Scienze politiche, anche per la sua capacità di aver fatto dialogare innovazione e tradizione. E tutto ciò senza metterne in discussione i suoi principi ispiratori, primo fra tutti quello di educare nella libertà e nella responsabilità gli studenti per orientarli verso la formazione di un pensiero critico e costruttivo e prepararli a diventare protagonisti del proprio futuro. Un obiettivo che in poco più un quarto di secolo di vita dell’Ateneo, ha concluso il rettore, si è tradotto in uno stile accademico, divenendo un elemento distintivo della facoltà. Uno stile che non si riduce a essere una formula retorica, bensì rappresenta la linfa vitale, oltre che di Scienze politiche, di tutta l’Università Cattolica, vale a dire essere al servizio dello studente.
A.Quadrio Curzio - "Una riflessione per un commiato accademico" [PDF] ( KB)