L’istruzione e l’amore come via d’uscita per un Paese afflitto da molte ferite: queste le armi a disposizione di Padre Silvano Ruaro, un religioso dehoniano che da oltre quarant’anni è in missione nella Repubblica Democratica del Congo dove si batte per tentare di emancipare una nazione e il suo popolo dalle difficoltà politiche, istituzionali e sociali in cui versa da ormai molti anni. L’occasione per affrontare un tema tanto attuale quanto sconosciuto è stato l’incontro che si è tenuto lo scorso 22 novembre al Collegio Ludovicianum dell’Università Cattolica, a cui hanno preso parte anche Anna Pozzi, giornalista di Mondo e Missione, e il professor Felice Martinelli. Una serata con un folto pubblico (tra cui anche una piccola delegazione di studenti africani) che è stata l’occasione per dibattere con grande franchezza di tematiche delicate, legate alla storia e allo sviluppo di una fra le più martoriate realtà del continente nero.
Padre Ruaro si trasferì nel lontano 1971 tra le foreste dell'Ituri, nell'immenso bacino del fiume Congo, al centro dell'Africa. A Mambasa, sua città adottiva, ha stanziato il centro operativo della missione, costituito ormai da numerosi istituti di istruzione e di formazione professionale, come la scuola media intitolata ad Albino Martinelli, nei quali ogni giorno un centinaio circa fra bambini e ragazzi della regione si recano per ricevere educazione e, soprattutto, accoglienza. Padre Ruaro ha ben chiaro l’obiettivo da raggiungere attraverso la sua opera missionaria ed è allo stesso tempo consapevole che l'educazione è il primo passo, quello decisivo ed essenziale, per la promozione umana di queste popolazioni e quindi per l'emancipazione dell'Africa.
Numerosi sono però gli ostacoli: non è facile infondere speranza a un popolo che ha attraversato, nel corso del ventesimo secolo, una serie di guerre con Paesi vicini e conflitti civili interni. Non è facile parlare di scuola e istruzione a ragazzi-soldato che per guadagnarsi pochi dollari imbracciano armi contro i loro simili. Non è facile portare un rinnovamento culturale in una realtà basata ancora troppo su clientelismi e gerarchie di potere. Come ricorda padre Ruaro, «i congolesi sono persone straordinariamente dotate di intelligenza e capacità, bisogna solo aiutarli a metterle a frutto».
Nella presentazione-intervista condotta dalla giornalista di Mondo e Missione è stato delineato anche un quadro relativo alla situazione della donna, ancora schiavizzata e ridotta a poco più che merce di scambio, all’interno della famiglia e del clan di appartenenza. Stessa sorte tocca spesso a gran parte della prole, al lavoro ininterrottamente per ore nelle miniere d’oro e coltan, di cui il Paese costituisce una fra le maggiori riserve al mondo, oppure arruolata nelle milizie locali.
La serata è trascorsa tra gli interventi degli ospiti e la proiezione di reportage fotografici sul lavoro svolto dal missionario a Mambasa, grazie anche alla preziosa collaborazione di numerosi volontari che assistono sotto più fronti l’operato della missione: corsi di inglese e di cucito per gli allievi della scuola, costruzione di strade e ponti per potenziare i collegamenti tra i centri urbani, erezione di edifici dedicati all’accoglienza e alla cura della popolazione locale e, soprattutto, tanto sostegno umanitario. Perché la ricostruzione passa attraverso il cambiamento e questo necessita di uomini e donne, quale ne sia la provenienza o la qualifica professionale, disposti con il loro aiuto a portare sostegno e speranza là dove più ce n’è bisogno. E Padre Ruaro, grazie all’attività sua e del suo ‘esercito’ di volontari, può ben dire di aver contribuito al raggiungimento di questo obiettivo ambizioso.