«La carta è morta. L'informazione va incontro a grandi trasformazioni e la storia dell'essere umano ha dimostrato come le innovazioni siano irreversibili. Proprio per questo l'informazione su carta è destinata a scomparire». È lapidario Gianni Riotta quando parla del futuro dell'informazione. L'ex direttore de Il Sole24ore ha scritto un libro, "Il web ci rende liberi?", presentato il 24 maggio alla libreria "Vita e pensiero" dell'Università Cattolica, con la partecipazione di Giovanni Santambrogio, collaboratore del maggiore quotidiano economico nazionale, per tracciare il futuro del giornalismo raccontando la sua esperienza e il suo punto di vista sui social network: «Tutti attribuiscono alla rete la responsabilità della crisi del giornalismo su carta - spiega Riotta -. Non è affatto così. La carta è in crisi da 20-30 anni, molto prima che nascesse internet. È la società che è cambiata. I lettori non appartengono più a una società di massa ma variegata. È difficile intercettarne i gusti e le necessità».
Proprio per questo, il dinamismo della rete assume un ruolo fondamentale per la riuscita della comunicazione via web. Riotta, però, ricorda che internet, come tutte le innovazioni, ha trovato seri ostacoli quando iniziò ad essere accostato ai giornali: «Nel 1995 proposi al direttore del Corriere della Sera (Paolo Mieli, ndr) di creare un sito che affiancasse il giornale cartaceo. Mi rispose che internet era una moda di cattivo gusto che sarebbe passata presto, la cosiddetta "cultura del borsello da uomo". La verità è che l'innovazione fa paura. È per questo che mentre il conservatore fa carriera, l'innovatore fa la storia».
Ma come tutte le innovazioni, internet non ha solo aspetti positivi: la mancanza di equilibrio, la presenza di troll e la mancanza di trasparenza, rappresentano alcuni degli aspetti più problematici della rete. Infatti, se la carenza di equilibrio si può riscontrare anche sulla stampa cartacea, la presenza di troll, che puntano a rovinare le discussioni che nascono sul web, insultando e alzando i toni, e la mancanza di trasparenza, per cui è impossibile sapere chi si cela dietro un nickname, sporcano i dibattiti online: «Con i social network è cambiato totalmente il rapporto tra giornalista e cittadino - spiega Gianni Riotta -. Ora c'è un feedback diretto, e capita di ricevere degli insulti. Il problema sono gli insulti mirati e che hanno finalità ben precise. L'unica soluzione è non rispondere. All'insulto politico, invece, si risponde con la trasparenza e il dibattito».
Ampio spazio è dedicato anche al fenomeno del citizen journalism, nato sulla rete, specialmente grazie all'immediatezza dei social network. È innegabile che questo tipo di giornalismo partecipativo abbia contribuito a dare vita a un'informazione il più immediata possibile, riuscendo a riportare anche fatti/immagini che altrimenti non avremmo mai potuto vedere. Ma è anche vero che la figura del giornalista professionista, che garantisce al lettore la sicurezza della verifica della fonte e quindi della notizia, servirà sempre.
"Il web ci rende liberi?", inoltre, oltre a essere un libro che riflette sul futuro del giornalismo e i social network, porta avanti anche una disamina sulla società di oggi. In riferimento all'influenza del web sulla vita di tutti i giorni, Internet rappresenta lo specchio della società: «Molti però pensano, ad esempio, che la politica fatta sul web sia diversa dalla politica che si fa nella vita reale - spiega Riotta -. Un'idea errata. Uno studio che abbiamo condotto al Imt di Lucca, infatti, ha dimostrato che le tendenze politiche che si sono affermate in rete hanno trovato corrispondenza nei risultati delle elezioni politiche del febbraio scorso». Tutto ciò dimostrerebbe come il web abbia ormai la forza per essere considerato un valido influencer. Per questo, conclude Riotta: «Il futuro si giocherà in rete. E toccherà a noi riuscire a egemonizzarla con le forze del bene».