Esiste un libro, pubblicato in Turchia, la cui copertina mostra sovrapposti gli sguardi di Osama Bin Laden ed Ernesto Che Guevara. Si intitola Bin Laden, il Che Guevara d’Oriente. Quotidianamente, mentre molti europei fanno professione di fede salafita, migliaia di musulmani si convertono al cristianesimo. Intanto, la religione che statisticamente cresce con più rapidità al mondo è il pentecostismo.
Questo è un elenco di fenomeni complessi e contradditori che «possono essere analizzati solo superando l’insensata teoria dello scontro di culture». Lo dice il francese Olivier Roy, uno dei massimi esperti di Islam al mondo. Docente di Studi Mediterranei al Robert Schuman Center di Firenze è autore di numerosi testi-chiave su orientalismo, religione e fondamentalismo. Il suo ultimo libro, La santa ignoranza, è stato presentato in Università Cattolica nell’ambito del progetto Cattedra del Mediterraneo: una serie di conferenze organizzate dal Centro Italiano per la Pace in Medio Oriente sui temi cruciali dell’attualità europea e mediorientale.
«Si è abituati a credere che il radicalismo musulmano sia l’espressione compiuta di alcune tradizioni culturali. Niente di più sbagliato. Ogni fondamentalismo – spiega Roy - si pone fuori dalla cultura, cedendo ad una interpretazione semplicistica ed ignorante della realtà e rifiutando il bagaglio storico proprio di ogni identità». In questo modo, secondo Roy, il fondamentalismo si situa in una dimensione internazionale e trans-culturale, determinando episodi come quello di Jihad Jane, una donna bionda e dagli occhi azzurrissimi, ora agli arresti, nata e cresciuta in Pennsylvania ma votata alla causa del terrorismo islamico. Un corto circuito dalle conseguenze serie, come il ritorno, opposto, all’identificazione fra cultura e religione. «La posizione sostenuta dal governo italiano presso la corte europea, riguardo il tema del crocifisso nei luoghi pubblici, è paradigmatico. Affermare che il crocifisso è un simbolo culturale, oltre che religioso, significa confondere due piani distinti. Non è un caso che, a difendere questa visione, siano soprattutto gli esponenti della Lega Nord, sempre in prima linea quando si parla di scontro di civiltà».
Oriente ed Occidente non sarebbero, dunque, impegnati in un conflitto organico fra sistemi valoriali antitetici. Piuttosto, le reazioni alla complessità del moderno, alimentate dalla globalizzazione, si strutturano trasversalmente, producendo un originale sincretismo di comportamenti e tradizioni: «In Europa, molte delle giovani immigrate musulmane di seconda generazione portano il velo non su ingiunzione familiare, ma per affermare la propria individualità, tanto che non esitano a riprendere slogan femministi del tipo “il corpo è mio e lo gestisco io”».
Ma allora, qual è l’origine delle incomprensioni che oggi complicano i rapporti a cavallo di Oriente ed Occidente? «È evidente – conclude Roy – che la risposta deve essere ricercata all’interno delle singole culture e non fuori da esse. Devono essere ridefiniti i concetti essenziali di sovranità ed indipendenza politica. Occorre un cambiamento negli assetti della futura società che sappia dare spazio alla fede in una prospettiva nuova e più coerente».