Una grande città fatta costruire da Erode il Grande, nel 25 a.C., sul sito dell’antica Samaria, la capitale del Regno israelita del nord. Ma anche un luogo di culto divenuto, fin dai primi secoli del cristianesimo, meta di pellegrinaggi in ossequio alla tradizione secondo cui proprio lì i discepoli avrebbero sepolto il corpo decapitato di Giovanni il Battista. È il mistero di Sabastiya, il villaggio circondato da valli fertili a circa dieci chilometri da Nablus, oggetto di uno degli scavi archeologici più importanti degli ultimi anni in Terra Santa. Il frutto di quelle ricerche è stato presentato nel corso del convegno Sabastiya, i frutti della storia e la memoria di Giovanni il Battista e attraverso l’omonima mostra fotografica - inaugurata lo scorso 25 febbraio in largo Gemelli - che illustra le importanti scoperte ottenute dalla missione archeologica della Custodia di Terrasanta e racconta l’impatto positivo che il lavoro di Ats pro Terra Sancta, Ong della Custodia, ha sulla società palestinese locale.
Il coinvolgimento di questa realtà a Sabastiya fu fortemente voluto da padre Michele Piccirillo, frate francescano e archeologo dello Studium Biblicum Franciscanum scomparso nel 2008, che si adoperò affinché il recupero e la conservazione di questo sito archeologico portasse beneficio alle popolazioni locali, al di là delle appartenenze religiose. E proprio sul fattore del recupero archeologico come strumento di sostegno della comunità locale ha posto l’accento il rettore della Cattolica Lorenzo Ornaghi introducendo il convegno: «La Custodia di Terra Santa - ha detto - è la testimonianza della speranza che un evento culturale riesca a migliorare l’uomo e la sua condizione». Il Rettore ha inoltre ricordato che la Custodia agisce nello spirito del francescano padre Gemelli, che amava stimolare i giovani a “entrare nel cuore della realtà”, invitandoli a un costante slancio creativo: «Gli scavi riportano alla luce l’essenziale della storia per guardare con fiducia cristiana al futuro». Padre Pierbattista Pizzaballa, Custode di Terra Santa, ha affermato il legame del cristianesimo con la terra per andare oltre i confini, nel senso di una storicità, di una archeologia che costituiscono «gli elementi concreti attraverso i quali la bellezza può suscitare solidarietà».
Da un primo nucleo di edifici l’azione di tutela si è allargata gradualmente fino a risanare una gran parte del centro storico di Sabastiya, cercando sempre di sostenere la sofferente economia cittadina mediante l’impiego nei cantieri di artigiani palestinesi e formando manodopera locale. Oltre quindi all’attività di tutela, il progetto ha sostenuto concrete attività di formazione, in particolare rivolte a donne e giovani. È stata creata infatti una foresteria, che offre ospitalità a turisti e pellegrini, accogliendo gli ospiti sia negli edifici storici ristrutturati che nelle famiglie del villaggio. Sono stati inoltre organizzati corsi per formare giovani guide turistiche locali e per favorire la produzione di prodotti tipici che vengono commercializzati in una bottega realizzata in uno degli edifici restaurati. Sabastiya è tornata oggi, nonostante il lungo conflitto in corso, meta del pellegrinaggio cristiano, così come lo era stata nei secoli. Il villaggio è stato riaperto a pullman di turisti e inizia a registrare anche la presenza di turismo locale come scolaresche, universitari e famiglie palestinesi in visita.
Nel suo complesso la missione archeologica ha permesso di riportare alla luce spettacolari vestigia, tra cui una torre ellenistica, i resti del tempio dedicato ad Augusto, il foro, il teatro, la strada colonnata. Ma dal punto di vista cristiano l’attenzione si focalizza, in particolare, intorno a un luogo sacro costruito su una tomba: una prima chiesa risale al periodo bizantino (V secolo), successivamente fu ricostruita in epoca crociata (XII secolo), per poi essere trasformata in una moschea dedicata al profeta Nebi Yahia, nome musulmano di San Giovanni Battista. Sono tanti dunque gli indizi che ricollegano questo luogo con la figura del Battista, e proprio a questi importanti reperti sono stati dedicati le relazioni di Osama Hamdan, architetto restauratore palestinese, collaboratore della Custodia di Terra Santa, e di Carla Benelli, storica dell’arte e collaboratrice di Ats pro Terra Santa, che nel corso del convegno hanno illustrato le importanti scoperte scientifiche che la missione della Custodia ha ottenuto negli ultimi anni di scavi a Sabastiya.
Importanti scoperte scientifiche rese possibili grazie a un progetto finanziato dall’Onbg della Custodia, con il sostegno della Cooperazione italiana, della Fondazione Cariplo e della Regione Lombardia. Ma soprattutto scoperte scientifiche ottenute grazie alla volontà e all’iniziativa di padre Michele Piccirillo come ha ricordato il professor Marco Rossi, docente di Storia dell’arte medievale in Cattolica. Proprio a padre Michele è stata dedicata la mostra allestita nel primo chiostro dell’Ateneo. L’esposizione racconta attraverso foto, video, mappe, testi la storia degli scavi e l’importanza sociale delle scoperte archeologiche, che hanno aperto nuove e concrete prospettive di vita e lavoro a molti abitanti di Sabastiya: dalla realizzazione di corsi di formazione per guide turistiche locali a botteghe artigianali dove si impara l’arte del mosaico.