di Giovanni Gasparini *
Agli inizi di febbraio la stampa si è occupata di Cesare Segre a motivo del voluminoso “Meridiano” Mondadori che gli è stato dedicato: in esso figurano molti scritti dell’insigne studioso, filologo, linguista e critico della letteratura che egli è stato. Ora la notizia della sua morte ha suscitato molte reazioni commosse: la mia vorrebbe essere tra queste e sarà necessariamente una testimonianza autobiografica, legata all’ambito dell’Università Cattolica. Cesare Segre era diventato un amico, da quando ci conoscemmo in un seminario sul Viaggio a Pavia nel 2002 nel quale decisi di presentare la relazione sociologica che mi era stata richiesta sotto forma di prosa poetica.
Allorché uscì da Scheiwiller il mio poemetto Cento aquiloni egli mi fece l’onore di venire per una presentazione in Cripta dell’Aula Magna nel gennaio 2006, accolto con entusiasmo dai colleghi Scarpati e Cesareo: in quell’occasione - la prima in cui mise piede nella nostra Università per un incontro - gli venne conferita una medaglia dell’Ateneo. Negli anni successivi venne ancora in Cattolica per diverse tavole rotonde: ho presente in particolare la sua lucida relazione al convegno di Giustizia & Letteratura su “Primo Levi e la Resistenza”, nel maggio 2013.
Qui vorrei sottolineare due aspetti di Segre, accanto ad altri che giustamente sono stati messi in luce in questi giorni quali l’impegno etico, la profondità del pensiero, la capacità di adesione rigorosa ai testi (“la filologia come strada per la verità”, ha scritto M. Raffaeli). In primo luogo, la poliedricità, la curiosità intellettuale e le incursioni su terreni inconsueti - anche le scienze sociali -, così come l’apertura nei confronti di approcci che pure non condivideva. In secondo luogo, la gentilezza e la mitezza nei rapporti umani e nel modo di “fare critica”, che si coniugava senza sforzo alla franchezza: questo tratto umano è forse quello che ha più comunicato a chi ha avuto modo di ascoltare i suoi interventi in Cattolica.
Se mi è consentito concludere con una poesia, vorrei riprodurne una che scrissi pochi anni fa pensando proprio a Cesare Segre, ma che non gli avevo dedicato. Lo faccio ora, proiettandomi con l’affetto al di là del grande passaggio. Ciao, Aquilone Cesare.
Altri aquiloni
Altri aquiloni voleranno forse nel cielo
altri studenti rideranno all’uscita dei licei
altre donne passeranno per le stesse vie
senescit mundus il mondo invecchia decade
come i muri grigi delle case di Milano
ma intanto i primi ad andarsene sono loro
la coorte degli anziani attempati
anche se freschi di gamba e di pensiero
vanno e salutano come rombi colorati
liberatisi del filo o palloncini sfuggiti
alla mano degl’incauti proprietari
e mentre salgono verso l’alto
sanno bene che senza di loro
tutto continuerà come prima
e sorridono sorridono
chi sa perché
e si portano via segreti
e intimità ineffabili
che resteranno
sconosciute al mondo (da Melting pot, Nomos ed., 2013)
* docente di Sociologia all'Università Cattolica e scrittore