Lo spagnolo cambia ma è sempre la Real Academia a dettare le regole. Una gloriosa istituzione che governa la politica linguistica di una lingua che è la seconda più utilizzata nelle comunicazioni planetarie ed è una delle sei lingue ufficiali delle Nazioni Unite. E l’accademia, per amalgamare le differenze tra i numerosissimi Paesi in cui si parla questo idioma, ha proposto una serie di nuove regole che, uno dei suoi principali membri, il professor Leonardo Gómez Torrego, ha spiegato durante una conferenza organizzata a Milano dal dipartimento di Scienze linguistiche e letterature straniere dell’Università Cattolica di Milano.
Un incontro rivolto soprattutto agli insegnanti e a tutti gli addetti ai lavori, che hanno affollato l’aula Pio XI lo scorso 12 marzo, per iniziativa del professor Dante Liano, titolare della cattedra di Lingua e letteratura spagnola e ispano-americana. A differenza di quello che accade per altri idiomi, le regole linguistiche dello spagnolo sono sempre state elaborate da un organismo preposto a garantire uno standard comune. Nella versione 2009 della Nueva gramática del español de todo el mundo ha spiegato Torrego, la presenza dell’accento diacritico è diventata meno importante per comprendere il senso di alcune parole. Tocca al “lettore intelligente” dedurre l’esatto significato dal contesto. E diversi termini di genere maschile hanno ottenuto anche il corrispondente femminile.
La vera novità è però un’altra: dopo anni di accentramento, la Real Academia e l’Asociación de Academias de la Lengua hanno deciso di allargare il proprio orizzonte conservatore. Nello stabilire le nuove norme, adesso, ci si basa non solo sullo spagnolo parlato in Castiglia ma anche sulle varianti “colte” delle varie regioni ispaniche. Anche il titolo del nuovo dizionario, Diccionario panhispánico de dudas, testimonia questo cambiamento. Nonostante la forte internazionalizzazione, però, l’idioma continua a mantenere aspetti tradizionali. Per uno spagnolo un computer sarà sempre un ordenador e un film sarà sempre una pelicula. Perché, come ricorda, il professor Dante Liano, docente di Lingua e letterature ispano-americane alla Cattolica, «lo spagnolo è una lingua aperta e chiusa allo stesso tempo. Adotta tante parole straniere ma per renderle proprie, le traduce».
In questa fase, la Real Academia ha rivisto le regole tentando di amalgamare le differenze tra i diversi Paesi. Perché il punto di forza di questa lingua è proprio la diffusione ed estensione geografica: lo spagnolo è parlato da 450 milioni di persone in 21 Paesi del mondo. È secondo solo all’inglese come lingua più utilizzata nelle comunicazioni planetarie. Un censimento condotto nel 2010 ha registrato che negli Stati Uniti la comunità ispanica ha superato la comunità nera: gli ispanici sono infatti 50 dei 300 milioni di abitanti. E nel 2050 un abitante degli Stati Uniti su tre parlerà spagnolo. Non bisogna dimenticare, inoltre, che la lingua spagnola rappresenta la chiave per poter stabilire e mantenere dei buoni rapporti con quasi tutti i Paesi latino americani, che stanno vivendo una completa ascesa economica diventando, così, indispensabili partner commerciali a livello globale. In Italia, il numero di coloro che decidono di studiare lo spagnolo è in continuo aumento, tanto che il provveditorato agli studi ha rilevato che la richiesta di docenti spagnoli è più che triplicata in un anno. Un dato che non deve sfuggire a chi si sente la vocazione dell’insegnamento.