Parlare dello Statuto dei lavoratori, senza polemiche urlate. È successo all’Università Cattolica di Milano, dove in occasione dei quarant’anni dall’approvazione della legge 300 Raffaele De Luca Tamajo, insigne giuslavorista e docente di diritto del lavoro presso l’Università Federico II di Napoli, si è prodotto in una lectio magistralis.
Indubbiamente figlio della sua epoca, lo Statuto è tra i frutti più significativi dell’apertura al Psi da parte della Democrazia Cristiana avviata da Aldo Moro negli anni Sessanta. La sua approvazione ha visto l’astensione di Psiup e Pci, le cui proposte non erano state pianamente accolte. «Le resistenze all’approvazione dello Statuto sono state notevoli – dice De Luca Tamajo –. Se a destra si temeva che la garanzia della presenza del sindacato nei luoghi del lavoro potesse favorire uno stato di conflittualità permanente, a sinistra si temeva invece che l’istituzionalizzazione della presenza sindacale soffocasse lo spontaneismo e dunque il potenziale rivoluzionario delle masse lavoratrici. Senza ombra di dubbio si può dire che la legge 300 ha contribuito a spostare a sinistra il baricentro del compromesso sociale».
Secondo il giurista, è oggi possibile identificare una risposta a molti dei dilemmi che si sono posti al legislatore nel 1970: «Uno dei principali temi del contendere erano i possibili effetti della legge sui livelli di occupazione. Secondo alcuni, gli elementi di rigidità introdotti nel diritto del lavoro avrebbero costretto le aziende ad incrementare le assunzioni. Secondo altri, le avrebbero semplicemente scoraggiate. La crisi del sistema economico avviata già nella seconda parte degli anni Settanta ha smentito le visioni più ottimistiche. Queste, però, mostravano un loro fondamento nelle fasi di espansione». Il confronto con fasi economiche recessive e con le contrattazioni al ribasso è per il professore il punto più debole della legge. Tra le mancanze principali, l’assenza di una disciplina sui licenziamenti collettivi e sugli ammortizzatori sociali.
Quanto alle preoccupazioni per gli effetti sulla competitività del sistema produttivo, Raffaele De Luca Tamajo suggerisce di spostare l’attenzione dalla lettera della legge alle evoluzioni della giurisprudenza: «I giudici del lavoro hanno trovato un nuovo ruolo, generalmente interpretato in senso garantista. Con effetti, alle volte, eccessivi». «Malgrado le rughe e qualche ferita – prosegue – lo Statuto dei lavoratori è a tutt’oggi il simbolo del diritto del lavoro post-costituzionale. Ha un’importanza enorme, emersa con chiarezza nel corso di questa crisi. Ha un fortissimo valore simbolico. Ha sottratto valori essenziali al razionalismo capitalista, necessità che si sta oggi riscoprendo anche a livello comunitario».