I tumori ovarici, nei paesi sviluppati, rappresentano circa il 30% dei tumori dell’apparato genitale femminile, secondi per frequenza solo al carcinoma dell’endometrio; a causa della tardività della sintomatologia e dell’aggressività biologica salgono al primo posto nella mortalità per neoplasie ginecologiche. In Italia il carcinoma dell’ovaio colpisce circa 3500 donne l’anno e la notevole eterogeneità morfologica e istogenetica della malattia ha portato all’identificazione di oltre cento istotipi.
Illustrare lo stato attuale delle conoscenze per sottolineare i criteri diagnostici peculiari di ogni tumore ovarico e spiegare le motivazioni che di conseguenza conducono alla scelta delle rispettive terapie è l’obiettivo del corso di patologia ginecologica “Aggiornamento in Patologia Ovarica”, che si svolge il 27 maggio presso l’aula 616 del Policlinico Gemelli. Il corso, rivolto a ginecologi, anatomopatologi e oncologi, è promosso dal dipartimento per la Tutela della Salute della Donna e della Vita Nascente del Policlinico Gemelli e dall’Istituto di Anatomia Patologica dell’Università Cattolica di Roma.
«Per oltre venti anni il trattamento del tumore dell’ovaio è stato attuato mediante una terapia standard a base di carboplatino e paclitaxel che non teneva conto dei diversi istotipi – spiega Gian Franco Zannoni, ricercatore dell’ Istituto di Anatomia Patologica dell’Università Cattolica e coordinatore scientifico del corso. Il miglioramento delle conoscenze di biologia molecolare ci ha insegnato che la corretta diagnosi patologica delle diverse forme istologiche è sempre più importante, poiché consente un approccio terapeutico mirato, in cui il momento chirurgico si integra con una chemioterapia specifica per i differenti istotipi».
Il dipartimento per la Tutela della Salute della Donna e della Vita Nascente del Policlinico Gemelli rappresenta una centro di eccellenza e di riferimento per la diagnosi e il trattamento del carcinoma ovarico, e raccoglie la più grande casistica di neoplasie ovariche della Regione Lazio. «Negli ultimi 10 anni abbiamo esaminato oltre 7.000 campioni di tessuto ovarico, 1.035 solo nello scorso anno – afferma Zannoni, responsabile della diagnostica ginecopatologica. La casistica è in continuo incremento e con oltre 100 consulenze annue provenienti da tutta Europa siamo un centro di riferimento nazionale per i tumori ovarici complessi».
«Al Policlinico Gemelli complessivamente trattiamo più di 250 casi di tumore ovarico l’anno con la combinazione di chirurgia e chemioterapia” precisa Domenica Lorusso, ginecologa-oncologa del Dipartimento per la Tutela della Salute della Donna e della Vita Nascente - e questa integrazione di strategie terapeutiche ci ha permesso di avviare un percorso di cronicizzazione di malattia che negli ultimi 10 anni ci ha consentito di migliorare significativamente la sopravvivenza delle pazienti. Inoltre sono in corso studi che differenziano i diversi tipi di tumore e studi specifici per le pazienti con la mutazione genetica del gene che condiziona l’ereditarietà del carcinoma della mammella e dell’ovaio per le quali oggi esistono trattamenti mirati e specifici. L’obiettivo è quello di arrivare a un trattamento specifico per ognuna di queste tipologie di tumore entro 5 anni. Purtroppo oggi la prognosi rimane difficile anche perché molti casi giungono all’osservazione medica in uno stadio avanzato di malattia proprio a causa della insorgenza tardiva della sintomatologia, che fa meritatamente identificare il tumore dell’ovaio come il “killer silenzioso” tra i tumori ginecologici».
Il meeting è aperto dalla lettura magistrale “Neoplasie dell’epitelio di superfici ovariche: nuovi concetti di patogenesi, criteri diagnostici e controversie” tenuta da Robert Kurman, direttore del dipartimento di Ginecopatologia della Johns Hopkins Universitity, uno dei massimi esperti mondiali nella patologia ovarica. Kurman ha di recente proposto una nuova classificazione dei tumori epiteliali che distingue i carcinomi ovarici in due categorie (di I e II tipo). Questa classificazione si basa su una originale teoria patogenetica e integra la morfologia cellulare con alcune specifiche alterazioni molecolari; a ciò corrispondono comportamenti biologici, prognosi e risposte terapeutiche differenti. Questa nuova classificazione rappresenta una delle più importanti innovazioni introdotte negli ultimi anni ed è valido substrato scientifico all’adozione di schemi terapeutici sempre più mirati e individualizzati. Il corso è introdotto Giovanni Scambia, direttore del Dipartimento per la Tutela della Salute della Donna e della Vita Nascente del Policlinico Gemelli, e Guido Rindi, professore ordinario dell’ Istituto di Anatomia Patologica dell’Università Cattolica Roma.