L’Unione europea è in crisi d’identità. L’integrazione economica, che è da sempre all’origine della sua coesione, non è in grado di sostituirsi alla componente politica e gli Stati membri non si riconoscono ancora in uno spazio culturale comune. Su quali fondamenti etici è possibile unificarla? Ne ha discusso monsignor Jean-Claude Périsset, nunzio apostolico in Germania, in una lectio magistralis dal titolo I trattati europei alla luce dei valori cristiani. All’incontro, organizzato il 20 maggio dall’Alta Scuola di economia e relazioni internazionali dell’Università Cattolica, hanno partecipato Alberto Quadrio Curzio, docente di Economia delle istituzioni alla facoltà di Scienze politiche dell’ateneo, e il rettore Lorenzo Ornaghi, che ha introdotto il tema al centro della riflessione.
«I valori cristiani – ha fatto notare Périsset – sono alla radice di quelli europei, anche se nei trattati non vengono dichiarati in modo esplicito». Nella sua esposizione, il rappresentante della Santa Sede si è soffermato su alcuni passaggi dei trattati europei, da quello di Nizza a quello di Lisbona, in cui è evidente la paternità cristiana dell’ordinamento giuridico e sociale dell’Unione europea. «I diritti inalienabili dell’uomo, nati con la rivoluzione francese – spiega Périsset – prendono a modello la persona trinitaria: qui è racchiuso il concetto di relazione che è alla base della definizione di ogni persona. L’uomo, infatti, esiste soltanto nella relazione con altri uomini».
Prima ancora, «il diritto romano ha preso in prestito il concetto di persona umana». La dimensione dell’interiorità e della coscienza inaugurata dal messaggio cristiano generano nell’uomo la condizione della responsabilità delle proprie azioni, su cui si costruisce la logica del diritto. A questo punto, ha osservato l’ecclesiastico, «non si può fare finta che i valori cristiani non abbiano plasmato le istituzioni europee, perfino la sua architettura». Poi cita Benedetto XVI nell’enciclica Caritas in Veritate: «Un umanesimo che esclude Dio non è umano». L’Unione europea, insomma, dovrebbe trasformarsi in una «comunità di valori». A questo scopo, il diplomatico ha invitato tutti i cittadini cristiani a promuovere il ruolo della Chiesa e i suoi principi universali all’interno degli organismi europei. «La “laicità di esclusione”, che considera la religione un fatto privato – ha concluso –, va sostituita con la “laicità di distinzione”, che offre il giusto posto alla religione nel sistema giuridico».
Il professor Quadrio Curzio ha riportato il discorso di Périsset a questa consapevolezza: «Non c’è competenza economica e istituzionale senza conoscenze più ampie, anche storiche, e non si hanno conoscenze adeguate se non si hanno ferme convinzioni». Un ragionamento che nel 2003 ispirò Romano Prodi, allora presidente della Commissione europea, alla costituzione di una commissione incaricata di riflettere sui valori spirituali e culturali dell’Europa. Tra i membri, venne scelto anche l’allora preside della facoltà di Scienze politiche della Cattolica, che ricorda: «L’obiettivo era non rendere avulsi i legami economici, politici istituzionali da un contesto valoriale. Dal confronto emersero varie tendenze tra cui le due seguenti: la cultura europea non può definirsi in opposizione a quelle nazionali e alle religioni, islam compreso; le religioni devono avere un ruolo pubblico non per creare divisioni ma per promuovere la persona, le comunità e la tolleranza». Per i valori culturali e spirituali dell’Europa la tradizione religiosa giudaico-cristiana ha una grande rilevanza anche nel contesto civile. Infine, il docente ha apprezzato i due principi di economia politica adottati dall’Ue, la sussidiarietà e la solidarietà dinamica: anch’essi si inscrivono in un quadro valoriale cristiano.