Com’è che quando va in televisione o a teatro la storia sfonda ma sui banchi non appassiona? È la domanda che si sono posti da approcci diversi accademici, giornalisti, fumettisti e registi protagonisti del workshop nazionale sulla narrazione della storia “Dire, fare, raccontare”. Tra loro Gabriele Vacis e Daniele Biacchessi, per fare due nomi conosciuti al grande pubblico, ospiti dell’iniziativa promossa per la seconda volta dalla facoltà di Scienze politiche e sociali e dal dipartimento di Scienze politiche, con il coordinamento dei professori Paolo Colombo e Chiara Continisio.
Le prove che c’è “bisogno di storia”, come lo chiama la professoressa Continisio, sono fin troppo evidenti: canali tematici come Rai Storia, trasmissioni come “La grande storia”, ma anche serie televisive che hanno coinvolto milioni di spettatori come “I Medici” su Rai Uno, che, pure, affronta un periodo storico molto lontano. Oppure operazioni teatrali come quelle realizzate da Gabriele Vacis, coautore con Marco Paolini di Vajont, o le tournée sulla storia promosse in giro per l’Italia dall’editore Laterza con sale gremite di pubblico eterogeneo.
Allora cosa manca nelle aule di lezione? «Dobbiamo parlare di passato a ragazzi proiettati sul futuro: un’impresa» fa notare Chiara Continisio. «E poi, è inutile negarlo, l’epoca dei nativi digitali cambia le capacità di apprendimento. Il nostro compito è di sintonizzarci sulla loro lunghezza d’onda e rendere “emozionante” la storia. Non significa evitare lo sforzo e la fatica di apprendere ma raccontare la storia in modo che possa suscitare curiosità senza dare risposte immediate».
Gabriele Vacis, nella videointervista, pubblicata sopra, spiega come la storia sia parente del teatro: «Come l'attore sul palco, chi parla si assume la responsabilità di quello che dice». Gli insegnanti, chiamati a innovare il loro insegnamento con tutte le "fantasmagorie possibili", «non dimentichino questo rapporto diretto con l'allievo».
Per il professor Paolo Colombo per sconfiggere l'immagine di un insegnamento noioso della storia tra i giovani, bisogna «portarli indietro e portarli in avanti: tornare alla fase infantile in cui era piacevole farsi raccontare delle storie e, insieme, trovare modi nuovi per intercettare generazioni abituate a "surfare" in rete».
Daniele Biacchessi, scrittore e giornalista che porta in giro per l'Italia la storia, spiega che, per comunicarla anche alle giovani generazioni, bisogna sperimentare, cioè «fare memoria storica».
Per i professori Colombo e Continisio, il workshop organizzato nella sede milanese lo scorso 13 febbraio si colloca nella decennale attività di “Storia e narrazione”, “un vero e proprio laboratorio di creazione di storie”, come lo definiscono loro, in programma al teatro Ariberto di Milano, con il coinvolgimento degli studenti universitari ma anche alla cittadinanza. “Un esperimento che si conclude ogni volta con la partecipazione del pubblico, chiamato ad assistere a una storia coinvolgente e affascinante, come quella che i nostri nonni e i nostri genitori ci raccontavano prima di andare a dormire”. Con un cartellone ricco e affascinante.