Misurare scientificamente, con gli strumenti metodologici dell’economia comportamentale, l’effetto trasformativo del perdono sulla vita delle persone. È l’obiettivo del gruppo di ricerca del Centro di ricerca in Scienze Cognitive e della Comunicazione (Cscc) diretto dal professor Mario A. Maggioni, docente di Politica economica alla facoltà di Scienze politiche e sociali dell’Ateneo, che ha analizzato tre casi di studio: tossicodipendenti in comunità di recupero, pluriomicidi nei carceri di massima sicurezza in California, bambini della Repubblica Democratica del Congo con accesso difficoltoso all’istruzione primaria.
Essere oggetto di cura e di relazione cambia il proprio atteggiamento verso la realtà anche nelle situazioni più marginali. Questa l’ipotesi che i ricercatori hanno cercato di dimostrare, misurando le preferenze sociali, vale a dire la fiducia, la generosità, l’avversione all’ineguaglianza, l’atteggiamento verso il rischio, le preferenze intertemporali (quanto si valuta il presente rispetto al futuro) all’inizio e alla fine del trattamento (cioè del percorso di cura/assistenza/riabilitazione).
Molto esplicativo il caso dei carceri californiani di massima sicurezza di Avenal e Mule Creek, condotto su un gruppo di 50 detenuti che la Ong americana Insight-Out ha coinvolto in un progetto di riappropriazione del sé e di riconoscimento e gestione delle proprie emozioni.
Applicando giochi interattivi economico-comportamentali all’interno di una prospettiva longitudinale, per cui lo stesso soggetto viene intervistato in un dato momento e poi a 9-10 mesi di distanza, e verificando lo scarto tra il campione trattato e un campione di controllo nella differenza tra i parametri comportamentali prima e dopo, i risultati confermano le ipotesi.
I primi dati mostrano che, grazie al programma riabilitativo Grip, i detenuti divengono più generosi (+10%), più fiduciosi negli altri (+ 16%), e meno impazienti, cioè valutano maggiormente il futuro in relazione al presente rispetto a quanto facevano prima del percorso (-25%).
Insieme ai giochi economici sono stati inseriti anche due test psicologici in cui si chiede a detenuti e tossicodipendenti di dare una propria valutazione sia della propria attitudine al perdono degli altri sia della propensione al perdono di sé.
Quello che dimostra la ricerca, che rientra nei progetti di interesse d'Ateneo, è che una persona, anche nella situazione più disastrata, per poter cambiare e avere una relazione positiva con gli altri deve per prima cosa sperimentarla su di sé. Se uno non si sente amato non riuscirà mai ad amare nessuno e se non si sente perdonato non riuscirà mai a perdonare nessuno.
I carcerati californiani che hanno partecipato al progetto Grip hanno mostrato una crescita dell’autostima (+13%) una maggiore capacità sia di concedere (+33%) che di richiedere (+15%) il perdono ad altre persone. I ricercatori della Cattolica hanno anche dimostrato “statisticamente” quello che qualsiasi operatore di comunità conosceva per esperienza ma che non poteva che descrivere in modo aneddotico: che il passaggio cruciale del cambiamento di un tossicodipendente avviene quando comincia a perdonare se stesso (cioè ad andare oltre l’idea che “non sono degno di …; l’ho fatta troppo grossa”).
Nel momento in cui uno si accorge di aver fatto un grande errore ma di poter ripartire e che nonostante l’errore che ha compiuto c’è qualcuno che gli vuole bene e lo mette in grado di voler bene ad altri che hanno sbagliato, lì comincia il cambiamento. Che cos’è questo se non misericordia e perdono?
«Questo progetto - afferma il professor Mario A. Maggioni - si inserisce in modo molto concreto nell’Anno della Misericordia perché vuole rendere ragione del fatto che occuparsi di tossicodipendenti o di carcerati non è solo un bene in sé ma ha un’efficacia reale e potrebbe portare i decisori pubblici o i finanziatori privati a fare investimenti o donazioni. Poterlo misurare e dimostrare a una comunità scientifica - a prescindere da quello in cui creda o dalle diverse visioni del mondo - è un salto di qualità importante».