Amore e odio: si può sintetizzare così il rapporto che nell’era di internet i giornalisti hanno con l’email. Uno strumento di lavoro considerato tanto indispensabile, rapido e utile, quanto esasperante per via del ritmo e della mole di messaggi ricevuti quotidianamente. Basti pensare che in media ogni redattore riceve tra le 200 e 250 email al giorno, un numero che cresce proporzionalmente al grado di diffusione della testata. È questo il quadro che emerge dallo studio condotto dagli iscritti al master in Media Relation 2010-2011 che - ispirandosi al libro La tirannia dell’email in cui l’autore John Freeman invita a un modello di comunicazione più selettivo, ragionato e socievole - hanno intervistato 52 giornalisti di agenzie di stampa, quotidiani (online e cartacei), settimanali, mensili ed emittenti televisive, nazionali e locali, con l’obiettivo di indagare il ruolo sempre più “invasivo” che la posta elettronica gioca nella loro vita professionale. Il lavoro dal titolo: Il rapporto tra giornalista e comunicatore nell’era di internet, è la seconda parte di un’indagine iniziata nel 2010 e rivolta ai comunicatori di importanti aziende per analizzare i cambiamenti introdotti dal web sia nel lavoro, sia nelle dinamiche relazionali.
Dando uno sguardo più approfondito allo studio, risulta che i giornalisti non temono la posta elettronica. Piuttosto la considerano all’unanimità un mezzo indispensabile sia per la propria attività, sia per la gestione delle relazioni con gli uffici stampa, soprattutto perché alternativo al telefono. Unica nota dolente resta il controllo della casella di posta che può durare un paio di ore o addirittura un’intera giornata. Di qui la necessità per i giornalisti, proprio per sopravvivere all’invasione quotidiana delle email, di avvalersi di alcuni criteri di selezione, che, viceversa, possono trasformarsi in utili suggerimenti per i professionisti della comunicazione. Pertanto, può essere importante sapere che i giornalisti prima di decidere se cestinare un’email, insieme al valore della notizia, valutano anche il mittente, l’oggetto e il titolo del comunicato stampa contenuto. Per loro è importante conoscere chi scrive, ossia l’ufficio stampa. Come pure importanti sono l’oggetto, che deve essere conciso, coerente e capace di attrarre l’attenzione e la rilevanza della notizia, che deve essere pertinente con il ruolo, la testata e il settore specifico del giornalista. Last but not the least, il mittente dei comunicati deve conoscere i ritmi di lavoro della testata giornalistica a cui si rivolge, sia essa un quotidiano, un periodico, un telegiornale o un giornale radio. Le notizie devono giungere in redazione in modo tempestivo rispetto alla chiusura del giornale e possibilmente anche prima della riunione in cui si decide il “timone” del nuovo numero.
La lezione che si trae da questa indagine? Per essere “buoni comunicatori” non basta spedire un’email al proprio interlocutore, ma bisogna fare in modo che quest’ultimo la apra, la legga e dia visibilità al messaggio. Per fare in modo che ciò avvenga, dunque, è opportuno che gli uffici stampa seguano alcune regole basilari: sinteticità del messaggio, notiziabilità del contenuto, scelta accurata del destinatario e, soprattutto, conoscenza dei tempi di lavoro dell’interlocutore. Perché, avvertono gli autori dello studio, la riuscita o meno della comunicazione dipende anche da ciò: chiamare un giornalista nel pieno di una riunione di redazione, mentre sta scrivendo i suoi articoli o piuttosto nel suo unico giorno di riposo è garanzia di sicuro insuccesso.