I giovani parlano dei giovani e non si fanno sconti: generazione fragile, precaria e solitaria, priva di valori trasversali e di legami con la società. È la fotografia scattata nella ricerca “Giovani, futuro e cambiamento” dagli studenti del master in Metodi qualitativi applicati all’indagine sociale e di marketing dell’Università Cattolica di Milano. L’analisi curata da Claudio Bosio, docente di Psicologia dei consumi e del marketing, insieme alla ricercatrice Guendalina Graffigna ha coinvolto circa un migliaio di giovani tra i 18 e i 26 anni.
«L’idea - spiega la professoressa Graffigna - era quella di esplorare lo stato dei valori, delle esperienze e dei bisogni dei giovani di oggi e di indagare sul concetto di futuro e sulle idee per progettarlo positivamente». La ricerca è stata realizzata con un progetto multi-fase della durata di sei mesi. Nella prima fase sono stati raccolti circa 900 messaggi individuali nel corso di incontri on the road promossi da Pubblicità Progresso. Su cartelloni bianchi, gli “intervistati” hanno attaccato post-it gialli con i valori, le preoccupazioni, le sfide e i desideri per il futuro.
Nella fase diagnostica, poi, sono stati condotti tre focus-group a Milano, Roma e Bari con giovani studenti universitari. E infine, per progettare possibili percorsi di sviluppo e innovazione, gruppi di universitari di Bari e Milano hanno partecipato a workshop creativi dalla durata di 4 ore. «Per approfondire in progress le altre fasi di ricerca e per raccogliere nuovi stimoli abbiamo deciso di creare una community online, nelle quali un centinaio di utenti hanno interagito per quattro mesi generando nuove chiavi di lettura per la costruzione di un futuro di valore» continua Graffigna.
I risultati, presentati durante la sesta Conferenza internazionale della comunicazione sociale, hanno permesso di tracciare un identikit dei ragazzi del terzo millennio. Innanzitutto è stato rilevato come sia inesatto parlare genericamente di “giovani”; non c’è infatti la percezione di una fascia di età chiaramente definita, perché si è giovani a 18 come a 24 o 30 anni. Ma soprattutto non emergono valori e modi di pensare condivisi. Il singolo non si riconosce nella società e di conseguenza la politica perde l’originale ruolo di riferimento e non crea occasioni di contatto. A fare da collante sono molto più spesso sport e hobby.
I social network, conferma la ricerca, sono i nuovi luoghi di incontro dei giovani, ma sulla piazza telematica lo scambio è funzionale alla valorizzazione del sé, al mettersi in mostra, più che all’interazione e alla comunicazione. Delusi e spaventati dalla società i giovani preferiscono rinchiudersi in una “gabbia dorata”: la famiglia, riferimento primario e rifugio rassicurante. Il futuro e il pensiero del cambiamento sono i temi che evidenziano le posizioni più ambivalenti e incompatibili. Per i giovani il domani è causa d’ansia e opportunità: alla voglia condivisa di fare qualcosa per assicurarsi un futuro migliore si accompagna la paura di non essere all’altezza, di fallire nel proprio intento. «Ho paura di fare scelte sbagliate e pagarne le conseguenze, paura di non riuscire a capire ciò che mi piace davvero e non riuscire a comprendere quali sono i miei desideri», si legge in una delle testimonianze. Un quadro non proprio incoraggiante, ma forse coerente con le opportunità (scarse) che il nostro tempo riserva alle nuove generazioni.