Anziani e medicineGeriatri dell’Università Cattolica del Sacro Cuore – Policlinico A. Gemelli di Roma hanno aperto l’armadietto dei medicinali degli anziani italiani e scattato un’istantanea sul suo contenuto: un armadietto stipato da tanti farmaci - in media 7 farmaci al dì - finché non si compiono 85 anni; per gli over-85, invece, il numero di farmaci prescritti diminuisce notevolmente (in media meno di 3 farmaci al dì) e cambia anche la tipologia di farmaci assunti.

Insomma, i "grandi anziani" (una fascia di popolazione ampia e in costante crescita in Italia) non rappresentano un peso elevato per la spesa farmaceutica a carico del Ssn: si smentisce l’idea che il paziente più vecchio sia anche il “più costoso”.

È quanto emerge dalla ricerca condotta da Graziano Onder, ricercatore del Centro Medicina dell’Invecchiamento, Università Cattolica – Policlinico A. Gemelli di Roma, insieme ad Alessandra Marengoni e a Massimo Fini del Geriatric Working Group presso l’Agenzia Italiana del Farmaco – Aifa.

Lo studio è pubblicato oggi sul “Journal of the American Medical Directors Association”.

Sono stati analizzati i dati relativi a 3.378.725 soggetti con età superiore ai 65 anni, oltre un quarto della popolazione italiana in tale fascia di età. I risultati dell’indagine, oltre a fornire dati di farmaco-utilizzo, hanno evidenziato come  la prescrizione farmacologica aumenti progressivamente con l’avanzare dell’età sino agli 85 anni per poi diminuire drasticamente negli anni seguenti, con una riduzione più significativa tra i soggetti con età pari o superiore ai 95 anni.

«Il nostro studio ha analizzato l’uso di farmaci in rapporto all’età nelle persone con 65 anni o più – spiega il professor Onder -. Abbiamo scelto di focalizzarci su questa popolazione perché è quella maggiormente “responsabile” del consumo di farmaci. I dati fino a oggi disponibili ci dicevano che l’uso di farmaci aumentava progressivamente ed esponenzialmente all’aumentare dell’età delle persone». Questo nuova indagine, invece, mostra che i grandi anziani assumono pochi farmaci, in media si può dire che le persone sopra i 95 anni prendono tanti farmaci, quanti la popolazione adulta di età inferiore ai 65 anni.

Il lavoro si è concentrato, in particolare, sugli ultranovantenni. Si tratta di una fascia di popolazione consistente per l’Italia (oltre 600.000 sono gli ultranovantenni nel nostro Paese) ed è in netta crescita. «Il risultato sorprendente del nostro studio - ribadisce il professor Onder - è stato che il numero di farmaci prescritti aumenta progressivamente con l’età, raggiungendo una punta massima tra gli 80 e gli 85 anni e poi declina in maniera sostanziale nei molto anziani (con più di 90 anni). Per intenderci una persona di età tra gli 80 e gli 85 anni assume in media più di 7 farmaci, mentre le persone con età superiore a 95 anni ne assumono meno di 3. “Questo dato contrasta con l’idea che il bisogno di terapie aumenti progressivamente con l’età e ci dice che i medici prescrivono con maggiore cautela nei pazienti molto anziani».

Ciò avviene principalmente per 2 ragioni: La prima: tanti farmaci non sono testati nella popolazione molto anziana. In secondo luogo, l’efficacia di alcuni farmaci si riduce in questa popolazione, in particolare per le terapie che hanno uno scopo preventivo (cioè di prevenire complicazioni future).

«A conferma di questo  - sottolinea il professor Onder - abbiamo osservato che nei molto anziani sono maggiormente prescritti i farmaci per trattare le malattie acute (come gli antibiotici) e meno i farmaci per trattare le malattie croniche (come l’ipertensione o l’ipercolesterolemia) i cui effetti benefici (come la riduzione dell’ictus e dell’infarto) si manifestano negli anni».

Questo studio porta a due importanti riflessioni. «La prima riguarda l’appropriatezza del trattamento farmacologico dei molto anziani  - aggiunge Onder - e la difficoltà nel trovare regole certe che guidino l’operato del medico in questa popolazione». Sforzi dovranno essere fatti in futuro per capire di quali trattamenti la popolazione molto anziana può beneficiare.

Una seconda riflessione riguarda la spesa sanitaria legata al farmaco. Viene infatti smentito l’assioma per cui invecchiamento equivale ad aumento della spesa farmacologica. In una popolazione come quella italiana, che invecchia progressivamente (si stima che nel 2050 ci saranno circa 2 milioni di ultranovantenni in Italia), l’uso di un ridotto numero di medicinali nelle fasce di età più avanzate potrà comportare un sostanziale risparmio nella spesa farmacologica. «Insomma - conclude il professor Onder -, almeno per questo ambito si può affermare che invecchiare vuol dire spendere meno».

Continua a leggere

I FARMACI NELLE CASE DEGLI ANZIANI

I farmaci in assoluto più prescritti in tutte le fasce di età considerate nello studio sono gli inibitori di pompa protonica, cioè i farmaci comunemente assunti come protettori dello stomaco e impiegati contro la malattia da reflusso gastroesofageo: li usano 2 persone su 5 di età superiore ai 65 anni, indipendentemente dalle fasce di età.

«Questi farmaci meritano un discorso particolare in quanto spesso utilizzati in maniera inappropriata in persone che non ne hanno necessità - aggiunge il geriatra Graziano Onder del Policlinico Gemelli -; anche considerando che questi farmaci possono avere effetti collaterali anche importanti e impedire l’assorbimento di altri farmaci e di importanti nutrienti. Vanno perciò utilizzati con maggiore cautela».

Molto utilizzati anche i farmaci ipocolesterolemizzanti e gli antiipertensivi, la cui prescrizione si dimezza nelle persone molto anziane, suggerendo che i medici prescrittori possano ritenere che queste condizioni siano meno rilevanti e non necessitino di trattamento nelle fasce più avanzate di età.