Ricercatori dell’Università Cattolica–Policlinico A. Gemelli di Roma insieme a colleghi del Policlinico Universitario Campus Bio-Medico di Roma e a 55 centri in Europa, Canada e Usa hanno ideato un modo di prevenire molti casi di ictus o soprattutto le loro recidive: si tratta di un “sensore” che messo sotto la cute registra aritmie “invisibili” ai metodi diagnostici tradizionali e asintomatiche quindi più subdole perché non riconosciute. Non pochi casi di ictus – apparentemente senza una causa – sono collegabili a queste aritmie dette “parossistiche” perché si risolvono spontaneamente e sono senza sintomi. Grazie all’apparecchio, registrando questo tipo di vizio del battito in tempo reale quando si verifica, il medico può procedere tempestivamente a una terapia preventiva anti-ictus e scongiurare il peggio.
Pubblicato sulla prestigiosa rivista “New England Journal of Medicine”, lo studio -Crystal Af (Cryptogenic Stroke And underlying Atrial Fibrillation) - rappresenta la più grossa sperimentazione clinica a livello globale su questo fronte. È stato condotto dal professor Tommaso Sanna, cardiologo del Dipartimento di Scienze cardiovascolari del Policlinico A. Gemelli diretto dal professor Filippo Crea, in collaborazione con il professor Vincenzo Di Lazzaro, attualmente responsabile dell'Unità operativa complessa di Neurologia del Policlinico Universitario Campus Bio-Medico di Roma.
Il protagonista di questo successo della ricerca multicentrica è un sistema diagnostico già in uso in tutto il mondo per altre tipologie di pazienti: si tratta di un microdispositivo, più piccolo di una penna Usb, per la registrazione continua dell'attività cardiaca, impiantato sottocute in anestesia locale. Il minuscolo sistema di monitoraggio può essere “interrogato” direttamente dal paziente, attraverso un telecomando dotato di una spia rossa. L'accensione della spia segnala che è in corso un'aritmia cardiaca. Il soggetto può così recarsi tempestivamente in un centro ospedaliero per ulteriori accertamenti. L'apparecchio è in grado anche di trasmettere l'elettrocardiogramma del paziente per via telefonica allo specialista. Quest'ultimo, se confermata la diagnosi di aritmia, ha in mano gli elementi per intervenire con una terapia preventiva adeguata.
In Italia si verifica un ictus ogni tre minuti. Questa patologia rappresenta la terza causa di morte e la più frequente causa di disabilità permanente negli adulti, perché solo il 25% dei pazienti sopravvissuti guarisce completamente e oltre il 50% resta colpito da un deficit che lo rende non più autosufficiente. Le principali cause d’insorgenza dell'ictus sono l’ipertensione arteriosa, le cardiopatie, il diabete mellito, l’ipercolesterolemia, il fumo di sigaretta e la stenosi delle carotidi, cioè delle arterie più importanti che portano il sangue al cervello.
A complicare le cose vi è il fatto non di rado l’ictus arriva senza campanelli d’allarme cogliendo alla sprovvista medico e paziente e rendendo più difficili le cure tempestive. Si parla, in questi casi, di ictus ‘criptogenetico’ o senza causa apparente. Ne fanno esperienza tra i 40 e gli 80mila italiani ogni anno, ovvero tra il 20 e il 40% delle quasi 200mila persone colpite annualmente da questa grave patologia nel nostro Paese (elaborazione su dati Ministero Salute).
In realtà dietro questi ictus criptici c’è una causa, spesso subdola perché senza sintomi, la fibrillazione atriale. Infatti, studi hanno dimostrato che essa aumenta da 4 a 5 volte il rischio di avere un ictus ischemico e ciò vale sia per la fibrillazione atriale parossisitica (cioè che si risolve spontaneamente), persistente (che si interrompe a seguito di un trattamento di cardioversione), o permanente (che non può più essere interrotta). Purtroppo, proprio perché molto spesso la fibrillazione atriale è parossistica (cioè dura per un periodo variabile di tempo e si interrompe spontaneamente) e asintomatica, essa diviene difficile da individuare con tecniche diagnostiche tradizionali come l'elettrocardiogramma o l'Holter per 24 ore (apparecchio che registra l’attività cardiaca per 24 ore).
«Con il nostro studio - spiega il professor Sanna, primo autore del lavoro - abbiamo osservato che nell'arco di 3 anni da un ictus ischemico senza causa nota, il 30% dei pazienti presenta almeno un episodio di fibrillazione atriale, che in quasi l'80% dei casi è asintomatica». Questo significa che proprio quel tipo di fibrillazione atriale potrebbe essere alla base del primo ictus, ma anche che il paziente rischia di averne un secondo.
«Nei tre anni di osservazione dei circa 500 pazienti con ictus senza causa definita arruolati per lo studio - precisa il professor Sanna - è stata riscontrata fibrillazione atriale al 30% dei pazienti cui era stato impiantato il dispositivo, contro il 3% dei soggetti che non avevano ricevuto l’impianto. Un dato che dimostra la netta superiorità di questa strategia diagnostica rispetto all’approccio tradizionale». Infatti il dispositivo registra la fibrillazione atriale in un numero di pazienti 7,3 volte maggiore rispetto alle metodiche tradizionali a 12 mesi di osservazione e 8,8 volte maggiore a 36 mesi.
«Peraltro - ribadisce il professor Sanna - la fibrillazione atriale è risultata asintomatica nell’80 per cento dei pazienti e, dunque, senza il microdispostivo sarebbe sfuggita alla diagnosi. Non solo, il verificarsi dell’aritmia si è rivelato alquanto imprevedibile, poiché in alcuni pazienti è stata registrata a poche settimane dall’ictus, mentre in altri anche un anno dopo l'evento».
«I risultati dello studio - aggiunge il professor Di Lazzaro - aprono un nuovo, interessantissimo fronte nel campo della prevenzione secondaria dell’ictus cerebrale. Circa un quarto degli ictus, infatti, si ripresenta come recidiva, con conseguenze ben più devastanti del primo evento. Per prevenirne la ricorrenza è fondamentale cercare di definirne la causa. I farmaci più comunemente utilizzati, come l’aspirina, sono appartenenti alla categoria degli antiaggreganti e hanno un’efficacia limitata nel prevenire l’ictus determinato da fibrillazione atriale. Grazie alle informazioni fornite da questo microdispositivo, lo specialista, valutati tutti i fattori di rischio, potrà prescrivere tempestivamente una terapia con anticoagulanti, molto più efficaci per prevenire l’embolia».
Laddove non s’individui la causa dell’ictus, perciò, nel prossimo futuro potrebbe essere preso in considerazione l’impianto di questo apparecchio. Sarà ovviamente importante effettuare un’attenta selezione dei pazienti, tramite uno screening iniziale con tutte le indagini diagnostiche già consolidate per la ricerca delle cause dell’ictus, al fine di limitare i costi per il Sistema Sanitario Nazionale. Si noti per contro che tale approccio potrebbe ridurre i costi legati alle recidive di ictus evitabili grazie all’identificazione dei pazienti a rischio.