Quando la tecnologia si mette al servizio della salute il risultato è innovazione, sicurezza, efficienza e risparmio. Questo è precisamente ciò che sta avvenendo nel trattamento del carcinoma mammario e del linfoma non Hodgkin, patologie largamente diffuse e ad alto impatto sociale che hanno visto cambiare la loro storia grazie all’avvento di innovazioni terapeutiche come gli anticorpi monoclonali, che attraverso le nuove tecnologie di somministrazione sottocute sono oggi ancora più a misura di paziente.
Oggi più che mai è necessario valutare ogni innovazione, sia essa terapeutica o tecnologica, in un’ottica multidimensionale che comprenda tutti gli aspetti ad essa correlati nel breve e lungo periodo: assistenziali, economici, sociali ed etici. Questo obiettivo è raggiungibile attraverso l’Health Technology Assessment che consente di analizzare le variabili con il valore aggiunto della partecipazione di tutti gli stakeholder coinvolti nel processo (dalle Istituzioni, al clinico, fino al paziente).
Con questo approccio è stato realizzato il Report HTA prodotto da Altems - Alta Scuola di Economia e Management dei Sistemi Sanitari dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Roma - con il sostegno di Roche, dai cui dati emerge con evidenza che le terapie sottocute o “terapie brevi” consentono di salvaguardare la qualità di vita del paziente e contemporaneamente di rendere più efficiente il sistema da un punto di vista organizzativo, economico e sociale.
Il Report si caratterizza per la solida e robusta base di dati real-life fotografati negli oltre 3.000 questionari compilati dai pazienti e da più di 60 centri ospedalieri coinvolti in tutta Italia. La visione d’insieme ottenuta dallo studio evidenzia che l’adozione di terapie brevi consente di ottenere efficienza organizzativa e operativa dei day-hospital, con dimezzamento del tempo impiegato da infermieri e farmacisti, e risparmi economici che si concretizzano in costi sociali evitati pari a oltre 60 milioni di euro complessivi (31,5 milioni di euro in oncoematologia e 30 milioni di euro in oncologia).
La somministrazione endovena oltre a tempi sensibilmente più lunghi, richiede la presenza di un accompagnatore e comporta il rallentamento dei flussi lavorativi dello staff medico (inserimento di cateteri, rischio di reazioni avverse all’infusione) e in generale maggiori costi. La somministrazione sottocute nel carcinoma della mammella supera molte di queste problematiche a beneficio sia del paziente e del suo caregiver (migliorando l’autonomia e la produttività di entrambi e l’aderenza al trattamento) sia dell’organizzazione ospedaliera che ne guadagna in efficienza temporale ed economica. La formulazione sottocute raggiunge questo obiettivo, a condizione che i pazienti vengano correttamente informati riguardo alla opportunità di accedere alla nuova tecnologia.