Misurare l’ossigeno nel sangue del bebè appena nato per scovare eventuali cardiopatie congenite: è possibile con un test semplicissimo e non invasivo, che si effettua con il pulsossimetro, un’apparecchiatura medica che viene collegato alla manina e al piedino del neonato.
L’efficacia di questo test di screening è stata confermata in uno studio multicentrico a cui hanno partecipato 17 diversi centri neonatologici italiani, tra cui l’Unità Operativa Complessa di Neonatologia della Fondazione Policlinico Universitario Agostino Gemelli, afferente al Polo Scienze della Salute della Donna e del Bambino, diretto dal professor Giovanni Scambia, e ha coinvolto 42.169 neonati.
Pubblicata recentemente sul Journal of Pediatrics (tra le principali riviste scientifiche internazionali in ambito pediatrico), la ricerca ha evidenziato che l’utilizzo del test prima che mamma e bebè lascino l’ospedale dopo il parto consente di incrementare la rilevazione delle cardiopatie congenite del 71% nei centri nascita di primo e secondo livello. Diversi studi hanno dimostrato che la diagnosi precoce di tali patologie comporta una significativa riduzione della mortalità tra il 15 e il 20%.
Per la Neonatologia del Gemelli lo studio è stato coordinato dal professor Antonio Alberto Zuppa, associato di Pediatria Generale e Specialistica dell’Università Cattolica e responsabile dell’Unita Operativa Semplice di Area di Medicina Preventiva Neonatale-Rooming-in del Policlinico.
L’incidenza di cardiopatie congenite gravi in Italia è di 3 neonati su 1000 nati vivi. “Il nostro studio – spiega il professor Zuppa - è il primo in Italia su larga scala ed è tra gli studi con una casistica più numerosa effettuati a livello internazionale sull’argomento”.