L’avreste mai detto che sarebbe stato possibile confrontare il Dna di una pecora di oggi con il codice genetico di quelle vissute più di 10mila anni fa? È quello che hanno fatto i ricercatori del Laboratorio di Genetica animale della sede di Piacenza dell’Ateneo.
A quell’epoca, infatti, capre e pecore sono state domesticate rispettivamente nell’Anatolia sud-orientale, l’odierna Turchia, e sui monti Zagros in Iran, a partire dai due antenati selvatici: il muflone asiatico e la capra bezoar. Queste specie selvatiche sono tuttora presenti nelle aree di origine e offrono un’opportunità unica nel suo genere di ricercare le tracce lasciate a livello genetico dal processo di domesticazione.
Un recente studio pubblicato sulla prestigiosa rivista “Nature Communications”, basato sull’analisi del genoma delle due specie domestiche e dei loro antenati selvatici, ha mostrato che capre e pecore condividono numerosi “bersagli” genetici su cui ha agito il processo di domesticazione, ma le dinamiche con cui la selezione ha operato sono state diverse nelle due specie.
Gli animali domestici sono stati allevati dall’uomo in modo da selezionare tratti specifici come la docilità, la crescita rapida, la produttività, la resistenza a malattie o a condizioni climatiche sfavorevoli.
Licia Colli - ricercatrice del Laboratorio di Genetica animale coordinato dal professor Paolo Ajmone-Marsan - insieme a un team internazionale di ricercatori, ha sequenziato e analizzato i genomi di mufloni asiatici e capre bezoar, confrontandoli con quelli di pecore e capre domestiche. Nel complesso, i ricercatori hanno trovato in 90 regioni del genoma i segnali di selezione riconducibili al processo di domesticazione; 20 di tali regioni sono comuni a entrambe le specie, ma mostrano che le modalità con cui la selezione ha operato sono state diverse in capra e in pecora.
Questo suggerisce che, nonostante il processo di domesticazione abbia agito su bersagli genetici comuni, la selezione di caratteristiche simili è avvenuta attraverso percorsi evolutivi differenti nelle due specie. Un risultato che potrebbe aprire a nuove frontiere, sfruttando le potenzialità della genomica per verificare la presenza in altre specie domestiche (bovini, suini, bufali, ecc.) di analoghi segnali di selezione nelle stesse regioni genomiche. Ma, forse, anche per sfruttare le tecnologie genomiche per “copiare” la biodiversità naturale nel Dna di popolazioni di animali domestici che al momento non hanno le caratteristiche produttive o di adattamento all’ambiente più desiderabili.
Nella foto iin alto il muflone antenato della pecora (fonte Wikipedia)