di Eugenia Scabini *
La lectio magistralis del professor James Heckman ha proposto un modello in grado di fornire nuovi stimoli per gli orientamenti educativi e nel contempo importanti indicazioni per la politica economica e sociale. Il suo contributo si radica sui risultati della ricerca economica e psicologica ed evidenzia l’importanza di investire sul capitale umano delle giovani generazioni, attraverso l’analisi degli effetti che questo tipo di investimento ha sul lungo periodo. Le riflessioni di Heckman fanno perno su una concezione innovativa di capitale umano. Esso è rinvenibile sin dalla nascita, si sviluppa lungo tutto l’arco della vita ed è prodotto primariamente dal contesto familiare e poi da quello scolastico e lavorativo. Il capitale umano comprende sia le abilità cognitive (formalizzate nel quoziente intellettivo) sia quelle non cognitive, socio-emotive e relazionali (come la motivazione, i tratti di personalità, la capacità di autocontrollo, di concentrazione e di perseveranza), oltre che la loro interazione dinamica.
La tesi di Heckman, formulata nel suo esito finale in una equazione nota come “equazione di Heckman”, si basa su alcuni principi risultanti dalle ricerche in campo psicologico e economico.
Primo: lo sviluppo delle abilità cognitive e non cognitive è la chiave di volta per la riuscita e il successo nei diversi ambiti dell’agire umano: nella riuscita scolastica, nell’inserimento lavorativo, nelle performance salariali, nella prevenzione della devianza sociale.
Secondo: le abilità cognitive e non cognitive hanno un fondamento genetico ma sono sostanzialmente dipendenti anche dal contesto di sviluppo dell’individuo. In particolare la famiglia è il luogo principale ove tali abilità vengono sostenute e alimentate.
Terzo: vi sono periodi sensibili e critici per lo sviluppo di queste abilità, ovvero periodi particolari in cui è necessario acquisire un’abilità che altrimenti non potrà essere “recuperata” in futuro. Nello specifico le ricerche in campo psicologico hanno mostrato che le abilità cognitive si acquistano principalmente nel periodo della prima infanzia, mentre quelle non cognitive nell’adolescenza.
Quarto: una volta acquisite queste abilità rimangono sostanzialmente un patrimonio stabile per l’individuo.
Quinto: l’acquisizione di una abilità in un particolare momento della vita facilita l’acquisizione di nuove abilità nel periodo di vita successivo, secondo un circolo virtuoso per cui “successo chiama successo”.
Muovendo da queste considerazioni Heckman formula la seguente equazione, sintesi di ciò che egli chiama la tecnologia della formazione delle abilità: abilità che un individuo ha nel periodo (t+1) = abilità che un individuo ha nel periodo t + l’investimento sull’individuo nel periodo t + il contesto familiare nel periodo t. Un aspetto importante di questa equazione sta nella sinergia o complementarietà dei tre addendi. Vale a dire che l’effetto dell’investimento sulle capacità future di un individuo sarà maggiore se ci sono livelli maggiori di abilità possedute in partenza e un migliore contesto familiare di partenza.
Da questa equazione ne consegue che quanto più gli interventi vengono fatti in periodi precoci dello sviluppo quanto più essi producono risultati. In altri termini non c’è il tradeoff equità/efficienza per gli interventi rivolti alla prima infanzia. Secondo: l’intervento su una abilità risulta efficace nella misura in cui esso venga effettuato nel periodo sensibile e critico per tale abilità. Terzo: è fondamentale indirizzare politiche economiche e sociali a sostegno delle famiglie svantaggiate con figli piccoli per migliorare il contesto familiare in questo periodi della vita.
* preside della facoltà di Psicologia e direttore del Centro di Ateneo Studi e ricerche sulla famiglia
Luigi Campiglio, Capitale umano e crisi economica (Corriere della sera, 28.09.2009) ( KB)