Gli eredi di Stradivari hanno conquistato il mondo. E la tradizione continua, oltre che con i violini, anche con molti altri strumenti musicali del made in Italy, che ottengono un ottimo posizionamento a livello internazionale in un mercato prevalentemente asiatico. 

Una ricerca, realizzata dal Centro di ricerca per lo sviluppo imprenditoriale (Cersi) della sede di Piacenza-Cremona dell’Università Cattolica, commissionata dalla Confederazione nazionale dell’artigianato e della piccola media impresa (Cna) e coordinata dal professor Fabio Antoldi (nel video), ha analizzato la produzione e l’export italiani di strumenti musicali artigianali, per scoprire un significativo vantaggio competitivo dell’Italia.

Nel 2015 sono state rilevate 1.000 imprese attive nella produzione - e al 90% si tratta di aziende artigianali -, quasi 2500 addetti diretti, 300 milioni di consumi a livello nazionale, e 116 milioni di euro di esportazioni in forte crescita rispetto al 2014 con un aumento di oltre il 12%. 

Dati molto interessanti se si pensa che il mercato mondiale è dominato dai cinesi, seguiti dagli statunitensi e dai giapponesi. In particolare l’Italia si posiziona al 5° posto per la produzione di strumenti ad arco, al 7° per gli strumenti ad aria (come le fisarmoniche e gli organi), all’8° per gli strumenti a corde (chitarre e arpe), al 9° per i pianoforti e al 10° per gli strumenti a tastiera amplificati elettronicamente. Nel mercato europeo l’Italia risulta il 4° paese per export dopo la Germania, i Paesi Bassi e la Francia.

La ricchezza della produzione italiana è fortemente legata al territorio ed è costituita da micro e piccole imprese artigianali. Alcune regioni spiccano in questa industria: Lombardia (308 imprese), Marche (132), Emilia Romagna (94), Veneto (78), Piemonte (69), Trentino Alto Adige (34), che da sole contano il 70% del totale delle imprese e il 76% degli addetti. In un caso è la materia prima a connotare una tradizione consolidata nel settore: l’abete rosso della Val di Fiemme in Trentino viene coltivato e lavorato per essere poi utilizzato nella produzione di diversi strumenti musicali in Italia e all’estero. 

Dall’indagine, presentata il 13 ottobre a Roma al Senato della Repubblica, emerge che un fiore all’occhiello restano i violini di Cremona sulle orme di Stradivari, Amati e Guarneri, prodotti nelle 154 botteghe artigiane di liutai in una città che conta solo 72.000 abitanti: una concentrazione unica al mondo che le ha fruttato il titolo di “capitale mondiale del violino”. Da notare l’export di violini pari a 4,2 milioni di euro destinati prevalentemente a paesi asiatici e Stati Uniti. Ma non si possono dimenticare i pianoforti di Sacile in provincia di Pordenone, le arpe di Viggiano in provincia di Potenza e di Piasco (Cn), le zampogne di Scapoli in provincia di Isernia e i tamburelli di Ruffano vicino a Lecce. E ancora le fisarmoniche di Stradella, e di Castelfidardo, Osimo e Recanati dove è stata sviluppata anche un’ampia produzione di chitarre e tastiere elettriche. 

I numeri dicono che in Italia questa industria, che ha una connotazione indiscutibilmente artigianale, si basa su botteghe prevalentemente individuali o al più costituite da due addetti, che rappresentano l’86% delle imprese attive nel settore e il 65% degli addetti totali. Gli unici casi di produzione industriale sono collocati in Friuli-Venezia Giulia, nelle Marche, in Trentino Alto Adige e in Piemonte.