di Maria Zucchinelli *
Se osservassimo la Terra da un satellite potremmo chiederci “perché non chiamarlo Pianeta Acqua o Pianeta Blu?” Del resto dei suoi 510 milioni di km2, solo il 25% è occupato da terre emerse.
Eppure ogni giorno sentiamo parlare di emergenza acqua a livello planetario.
Molti aggettivi sono attribuiti a questa risorsa, “vitale”, “insostituibile, “preziosa”, “dinamica”, “rinnovabile”, ma dobbiamo essere sempre più consapevoli che è anche “limitata”: solo lo 0,01% della totalità dell’acqua del pianeta è potenzialmente disponibile all’uomo.
Le Nazioni Unite hanno dichiarato che l’acqua è fondamentale per lo sviluppo sostenibile. L’obiettivo n°6 nell’Agenda 2030 ha la missione ambiziosa ma realizzabile di “garantire a tutti la disponibilità e la gestione sostenibile dell’acqua e delle strutture igienico-sanitarie”. Un utilizzo irresponsabile di tale risorsa rappresenta infatti uno dei principali fattori limitanti al raggiungimento del benessere sociale, dello sviluppo economico e del buono stato di salute degli ecosistemi.
Attualmente si stima che 3.6 miliardi di persone, circa la metà della popolazione mondiale, viva in aree potenzialmente a rischio di scarsità d’acqua per almeno un mese l’anno, e questa numero potrebbe aumentare fino a 5.7 miliardi entro il 2050. Le cause sono da ricercarsi sia nella necessità di aumentare del 70% la produzione alimentare per soddisfare la domanda indotta dall’aumento demografico, sia per garantirne la crescita economica e sostenere i nuovi modelli di consumo.
Ad esacerbare la situazione vi è l’intensificazione del ciclo idrologico globale che, conseguenza dei cambiamenti climatici, porterà ad un aumento delle temperature e viceversa alla diminuzione nella frequenza delle piogge, causando tra gli altri danni la siccità.
Importanti sono anche le conseguenze legate all’inquinamento che ne mette a rischio la qualità chimico-fisica: solo in Europa più della metà dei corpi idrici sono caratterizzati da uno stato ecologico inferiore al buono e circa il 25% delle acque sotterranee si trova in uno scarso stato chimico.
Dalla consapevolezza del ruolo fondamentale che l’agricoltura riveste nella gestione della risorsa acqua e nella salvaguardia della qualità di quest’ultima, il Dipartimento di Scienze e tecnologie alimentari per una filiera agro-alimentare sostenibile, ha dato vita a due progetti per conoscere, ideare e realizzare attività a favore della gestione responsabile dell’acqua nel settore vitivinicolo.
Il principale obiettivo del progetto europeo Horizon 2020 WaterProtect, è determinare il reale contributo della viticoltura sulla contaminazione da nitrati e pesticidi delle acque sotterranee nel bacino idrografico della Val Tidone. In stretta collaborazione e partecipazione con gli agricoltori coinvolti nel progetto, si vogliono sviluppare e poi attuare in modo efficace le buone pratiche di gestione agricola per la protezione delle risorse idriche.
Alcune realtà coinvolte nel progetto, aderiscono anche al programma VIVA -La Sostenibilità nella vitivinicoltura in Italia avviato dal Ministero dell’Ambiente nel 2011 con la collaborazione scientifica del centro di ricerca OPERA, in cui tra gli indicatori utilizzati ha introdotto il calcolo dell’impronta idrica. Il primo passo per intraprendere un percorso di sostenibilità attraverso l’individuazione di un piano di miglioramento, è accrescere la consapevolezza nell’uso dell’acqua in tutte le fasi produttive. Ciò si traduce nella misura dei consumi idrici nelle fasi di campo per l’irrigazione, trattamenti e lavaggio dei macchinari, fino ai consumi in cantina contabilizzando l’acqua necessaria per le fasi di vinificazione e imbottigliamento.
* Dottoranda Agrisystem Scuola di dottorato per il Sistema Agroalimentare, Università Cattolica