di Cosma Damiano Digioia *
Non ho mai pensato alla Corea come un Paese in cui vivere o trascorrere una vacanza. Ma per ironia della sorte vi ho trascorsi quattro mesi di Overseas. Dovendo scegliere le destinazioni Seul non era tra le mie cinque preferenze. Ma una clausola in fondo alla form ne chiedeva una sesta nel caso in cui le prime non sarebbero state disponibili. Clausola spuntata, autorizzazione al destino data. Ed è così che mi è stata assegnata la Chung-Ang University della capitale sudcoreana.
Dopo un po’ di titubanza iniziale, complici le notizie poco rassicuranti sulle minacce atomiche nordcoreane, ho deciso di seguire l’istinto e di prendere il mio primo volo intercontinentale Roma-Seul.
Ad aspettarmi all’aeroporto c’era un gruppetto di coreani della mia università pronti ad accogliermi con una gentilezza che, agli occhi di un occidentale, risulta piuttosto inconsueta a primo impatto, sospettosa a tratti. Da lì a poco avrei capito che l’Oriente è un’altra storia e che la Corea, in particolare, è abitata da un popolo che ha fatto di gentilezza, eleganza, riservatezza, altruismo e umiltà i suoi tratti distintivi.
Dopo qualche ora ero già sistemato nella mia stanza del dormitorio universitario, un palazzo di 13 piani posizionato su una delle tante colline di Seul. La vista dello skyline della città era già la prima conferma che la scelta di partire fosse stata una delle migliori della mia vita.
Nel giro di pochi giorni l’identità di questo piccolo ma incredibile Paese, di cui sapevo ben poco, iniziava a palesarsi e a conquistarmi rapidamente. Lo street food, i grattacieli con rooftop spettacolari, la musica K-pop, le atmosfere futuristiche, scorci che raccontavano le abitudini e l’essenza di un popolo e i palazzi che testimoniano la grandezza di antichi imperi, queste sono le immagini che riaffiorano pensando alla Corea.
Se mi chiedessero di fare un bilancio della mia esperienza direi che sono stati i quattro mesi più intensi della mia vita. Inutile dire che le difficoltà sono state molte: una città grande sei volte Milano, una lingua incomprensibile, otto ore di fuso orario che rendevano la comunicazione a dir poco complessa e cibi dai sapori per nulla familiari. Ma nulla in confronto a ciò che mi ha lasciato.
Ho conosciuto persone magnifiche provenienti da tutte le parti del mondo, ho visitato luoghi di cui non sapevo neanche l’esistenza e luoghi che credevo irraggiungibili, ho riassaporato il piacere di viaggiare per il sol gusto di scoprire, ho conosciuto culture esotiche e affascinanti, ma soprattutto ho imparato a conoscere me stesso, i miei limiti e la mia forza.
* 24 anni, di Barletta, corso di laurea magistrale in Management, facoltà di Economia, campus di Milano