Dalla teoria alla pratica. Dalle aule universitarie all’esperienza sul campo. In contesti d’emergenza e a contatto con fatti, persone e casi da portare con sé una volta inseriti nel proprio ambito professionale. Destinazione: Ventimiglia, zona di confine, crocevia obbligato per molti migranti provenienti dalle zone più povere dell’Africa e diretti nel nord Europa.
Tre gruppi di studenti delle facoltà di Psicologia e di Scienze della Formazione sono partiti alla volta della cittadina al confine con la Francia per tre giorni intensivi, in cui hanno affiancato le attività della Caritas e della Croce Rossa locali grazie al progetto “Ventimiglia all’ora”.
Un’iniziativa che si inscrive all’interno del Service Learning, una proposta formativa e pedagogica che unisce le due dimensioni sottese al binomio di parole: Service, il volontariato e le azioni solidali verso la comunità; Learning, l’apprendimento di competenze professionali, metodologiche, sociali e didattiche.
«Un’esperienza formativa ma anche dai tratti profondamente umani, in cui i nostri compiti erano quelli di preparare e distribuire i pasti, nonché fornire un servizio d’ascolto per migranti e personale autoctono» raccontano Alessandra Carelli, studentessa al secondo anno di laurea magistrale, e Valeria Della Valle, laureata in Psicologia. «Shock culturali e situazioni di burn-out sono infatti alcuni tra gli aspetti riscontrati in persone con alle spalle questo tipo di vissuto, così ci siamo concentrate molto sulla narrazione delle loro e delle nostre storie. L’ostacolo della lingua? Quando si è presentato lo abbiamo superato con disegni e gesti».
Carolina Mastrosimone, iscritta alla facoltà di Scienze della formazione primaria, mette in luce un particolare aspetto: «Per operare in un luogo di criticità è importante conoscere profondamente la realtà in cui si sta per agire. Il primo passo fondamentale è quindi non essere di peso. Un fatto non scontato poiché quando si tratta di esperienze così brevi il rischio è quello d’impiegare troppo tempo a comprendere e ambientarsi, rallentando così il lavoro».
Le sfumature e gli aspetti maggiormente didattici li spiega Livia Cadei, docente di Pedagogia interculturale, che ha accompagnato un primo gruppo di otto studenti della facoltà di Psicologia, dal 2 al 5 maggio scorso. «Importante è il fatto che i ragazzi riconoscano e riconducano le connessioni e la saldatura tra questa esperienza a costrutti di carattere psicologico. Andare lì è significato ragionare anche sugli shock culturali che colpiscono i popoli migranti e sulle criticità riscontrate».
Tutto ciò anche e soprattutto in previsione di una futura ottica professionale, come sottolinea Monica Amadini, docente di Pedagogia sociale e interculturale, giunta a Ventimiglia insieme alla professoressa Carla Astori col secondo e terzo gruppo di studenti della facoltà di Scienze della formazione, dal 14 al 17 maggio.
«Non si tratta solo di fare e operare concretamente, ma anche di riflettere sull’applicazione delle competenze apprese» afferma la professoressa Amadini. «In contesti di criticità il gruppo ha sperimentato aspetti diversissimi dell’emergenza, dal pelare le patate, montare le brande fino allo strutturare corsi linguistici: fondamentale è capire che tutto questo è strettamente connesso all’ambito lavorativo a cui si legheranno nel loro futuro professionale, che sarà giocoforza interculturale».
Oltre a “Ventimiglia all’ora” i progetti di Service Learning in programma da maggio e giugno 2018 saranno “Teatro tra le nuvole” presso la Fondazione Istituto Ospedaliero di Sospiro Onlus di Brescia, da svolgere nei confronti di persone adulte con disabilità intellettiva media e grave;
un corso di alfabetizzazione, e “Matematica e fisica in gioco” che sarà rivolto ai bambini e ai ragazzi della scuola primaria e della scuola secondaria di primo e secondo grado, ricoverati nei reparti di pediatria degli ospedali presenti sul territorio bresciano.