La tentazione del disfattismo adesso è forte. Diciamolo. Lo sguardo cupo, talora arrabbiato e più spesso rassegnato dei nostri figli è l’inequivocabile segnale che questo momento storico sta compromettendo i loro anni più belli. I bambini e i ragazzi, però, sono il futuro dell’umanità, dunque non ci si può arrendere all’idea che questo presente sia incapace di offrire loro prospettive incoraggianti. Quali risorse si possono mettere in campo? Abbiamo chiesto un parere ad alcuni docenti esperti del nostro Ateneo.
Per cominciare potremmo fare esercizio di ascolto dei giovani. «I ragazzi erano stati poco ascoltati già durante il primo lockdown da cui erano usciti abbastanza bene, ma queste ulteriori restrizioni li penalizzano molto» - sostiene Emanuela Confalonieri, docente di Psicologia dell’adolescenza.
Impedire di andare a scuola significa togliere gli spazi di incontro oltre che di apprendimento. E considerando la chiusura di palestre, piscine e locali la corsa si fa sempre più a ostacoli. «Le limitazioni sono sempre più faticose da accettare e la seconda volta è peggio della prima. Il fatto che anche i giovanissimi scendano in piazza ci deve far riflettere - aggiunge la psicologa -. Forse si potrebbe pensare a restrizioni diversificate, senza colpire in modo indistinto le età che hanno bisogni diversi. Oggi non c’è una prospettiva chiara di tempo e la capacità di adattamento e di resilienza che abbiamo chiesto la prima volta e che loro hanno messo in atto non è scontato che sia assicurata anche la seconda».
Inoltre nel contesto sociale dobbiamo considerare che non tutti i ragazzi sono uguali e che a pagare il prezzo di questa fase saranno soprattutto i più fragili. «Chi ha un contesto familiare solido, degli amici e magari anche altre risorse a disposizione se la caverà, gli altri soffriranno certamente di più. Ma sta a noi adulti creare spazi alternativi. Scuola e mondo dell’educazione devono attivarsi».
Daniele Bruzzone, docente di Pedagogia dell’infanzia e dell’adolescenza, condivide alcune proposte concrete per guardare con speranza e positività al futuro.
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Dunque, è importante che di fronte alla fatica dei ragazzi il mondo dei grandi debba essere propositivo. «Gli adolescenti hanno un pensiero che potremmo definire binario, quello dell’ “ora o mai più” che crea una sofferenza acuta sul piano emotivo - continua Emanuela Confalonieri -. Questa è un’occasione privilegiata per far capire loro che crescere significa anche imparare ad avere pazienza e procrastinare ciò che oggi non si può attuare. Il dialogo è comunque una dimensione fondamentale perché i ragazzi si sentano capiti e non compatiti».
Il consiglio della psicologa è quello di non sprecare il tempo nell’attesa che tutto passi. «Inventiamo le gite di classe con il drone, scarichiamo dal web spettacoli teatrali e commentiamoli insieme ai ragazzi, organizziamo un cineforum, facciamo prove di musica… Insomma dalla scuola all’oratorio, dallo scautismo alla squadra sportiva, tutti possiamo attivarci per mantenere vivi alcuni appuntamenti anche a distanza in modo da far sentire i giovani al centro dei nostri pensieri. A questa età è più che mai importante sentirsi pensati e amati anche se non ci si può incontrare di persona».
L’espressione dell’affettività è un altro tema da non sottovalutare quando si parla di adolescenti. Abbiamo chiesto un commento a Gianluca Daffi, docente di Interventi psicoeducativi.