di Chiara Croci *
Un internship della durata di tre mesi a New York City. È quello che ho deciso di svolgere durante il secondo semestre dell’ultimo anno del corso di laurea magistrale in filosofia. Dopo aver superato il colloquio di selezione con Interngroup, quello con la compagnia presso la quale avrei svolto lo stage, e aver sbrigato tutte le pratiche burocratiche relative al visto, il 2 marzo scorso, con una valigia colma di tanti desideri e tanta voglia di mettermi in gioco sono partita da Milano Malpensa verso quella che nei successivi mesi sarebbe stata la mia nuova casa.
Non era per me la prima volta negli Stati Uniti e anche New York l’avevo già visitata qualche anno prima, ma solo come turista, per pochi giorni. Grazie all’esperienza che stavo per intraprendere sapevo che avrei avuto la possibilità di vivere come una vera newyorkese, iniziando la giornata con un caffè americano, pranzando con una caesar salad seduta su una panchina di fronte al Flatiron e gustando della buona musica Jazz insieme ai miei compagni di avventura in suggestivi locali dell’East Village.
Appena giunta a destinazione, New York mi ha accolta con una meravigliosa nevicata, che mi ha riportato con la mente alla magica atmosfera natalizia, nonostante fosse ormai marzo. Ricordo che prima di sistemarmi in camera e disfare le valigie ho conosciuto altri studenti dell’Università Cattolica che proprio come me stavano per affrontare una delle esperienze più belle della loro vita e nel residence in cui eravamo alloggiati ho stretto subito importanti amicizie anche con altri ragazzi provenienti da tutto il mondo: dall’Inghilterra, dalla Francia, dalle Filippine e persino dall’Australia. Grazie a questa multiculturalità ho avuto la possibilità di perfezionare ulteriormente il mio livello di inglese, oltre che di gustare alcuni piatti tipici dei Paesi da cui provenivano i miei nuovi amici. Del resto, si sa, New York offre tutto quanto si possa desiderare: dall’arte, al cibo, alla moda.
Il primo giorno di lavoro ricordo di essere stata molto agitata ed euforica allo stesso tempo; agitata perché era la mia prima esperienza lavorativa all’estero ed euforica perché stavo per intraprendere un’avventura straordinaria in una delle città che più amo.
L’ufficio in cui ho lavorato non si trovava molto distante dalla piazza più luminosa del mondo, così ogni mattina prendevo la metropolitana che distava pochi passi da casa e scendevo a Times Square da lì poi camminavo pochi minuti verso l’ufficio, con gli occhi sempre alzati verso il cielo sfiorato dai numerosi grattacieli e il mio caldo american coffee.
Lavoravo al decimo piano in un meraviglioso ufficio da cui si vedevano tutte le vie affollate di taxi gialli e turisti, oltre che le luminose insegne pubblicitarie, e tutto questo mi dava l’impressione di vivere la vita di quei protagonisti dei film americani. Il mio team non era composto da molte persone, eravamo tutti abbastanza giovani e condividevo la scrivania con un altro stagista della mia età, irlandese. Mi sono occupata di Media Communications, ho creato contenuti per i social media al fine di promuovere la compagnia e ho contattato diverse aziende con lo scopo di creare una rete di partnership. Almeno una volta ogni due settimane partecipavo a riunioni insieme al team durante le quali si faceva il punto della situazione e si scambiavano consigli sui programmi migliori da utilizzare per creare progetti migliori. Spesso alcuni colleghi di altre aziende che condividevano lo stesso ufficio di coworking offrivano per pranzo pizza o donuts, insieme a enormi bibite colorate, il che ti ricordava costantemente di essere davvero in America.
Non finendo di lavorare eccessivamente tardi la sera, ho deciso di iscrivermi a un corso di inglese in una scuola vicino a casa, in modo tale da perfezionare la lingua e imparare il più possibile lo slang e la cultura americana.
Per quanto riguarda il fine settimana ero sempre molto organizzata; spesso al lavoro, durante la pausa pranzo, coglievo l’occasione per farmi consigliare dai colleghi qualche ristorante o location particolare dove passare la giornata e cosi in tre mesi ho visitato tutta New York, da cima a fondo; ho visitato una miriade di musei, gallerie d’arte, i luoghi più turistici e le vie meno affollate ma dove si respirava lo spirito americano, oltre che svariati locali, alcuni molto bizzarri, come quel bar in cui potevi letteralmente bere la tua fotografia: bastava inviarla tramite messaggio al proprietario, che con una stampa particolare e commestibile la deponeva in cima al bicchiere colmo di tè. Grazie alle escursioni organizzate da Interngroup, ho avuto modo di visitare il Top of the Rock, il Guggenheim Museum, partecipare a workshop di lavoro e visitare il museo dedicato alle vittime dell’11 settembre; esperienza molto toccante, soprattutto perché abbiamo conosciuto e ascoltato le testimonianze di alcuni sopravvissuti.
Oltre che New York ho visitato anche Toronto e le cascate del Niagara durante un fine settimana, e ho anche approfittato di far visita a uno degli outlet più conosciuti del New Jersey.
Grazie a questa esperienza di formazione professionale e personale, di crescita, durante la quale mi sono confrontata molto con me stessa, mettendomi continuamente in gioco e uscendo quotidianamente dalle mie zone di comfort, ho definito meglio i miei obiettivi futuri e la carriera che mi piacerebbe intraprendere in ambito lavorativo.
Non posso che dire che a New York ho lasciato il cuore. Avere l’opportunità di vivere tre mesi in una città è diverso dal visitarla per pochi giochi da turisti. Posso dire di aver davvero vissuto nella grande mela, lavorando, immergendomi nella cultura americana fatta di jazz, bbq all’aperto, facendo jogging in Central Park la domenica mattina, imbattendomi in venditori improvvisati di mango o noccioline agli angoli delle strade, il tutto circondata da grattacieli che sfiorano il cielo.
In questa città stracolma di insegne luminose, lavoratori in giacca, cravatta e sneakers, senza tetto che chiedono aiuto con le lacrime agli occhi, ho vissuto un’esperienza indimenticabile e incontrato compagni di viaggio con i quali tutt’ora mi sento e spero di incontrare di nuovo.
* 24 anni, di Carate Brianza (Mb), corso di laurea magistrale in Filosofia, interfacoltà Lettere e filosofia-Scienze della formazione, campus di Milano