di Irene Marchetti *
Dopo tre settimane di volontariato ho capito che il dono più utile che si possa fare è mettersi a servizio di chiunque e in qualsiasi situazione. Se c'è da cambiare un pannolino ci si tappa il naso e si fa; se c'è da correre per il cortile per tutto il pomeriggio per far giocare i bambini, si indossano scarpe comode e vestiti adatti e si corre; se c'è da pulire lo spazio del pranzo o i bagni o la cucina, si prendono la scopa e il mocio e si inizia a pulire. L'aiuto più grande che si possa dare è mettersi a disposizione senza mai rifiutare una richiesta di aiuto, dalla più semplice alla più scomoda o faticosa.
È la lezione più importante del mio Charity Work Program in Terra Santa. Io e Sofia siamo state ospiti per tre settimane presso il Centro Santa Rachele e, grazie alla gentilezza e simpatia di Suor Claudia (referente), siamo riuscite ad ambientarci facilmente e velocemente nella realtà circostante. Il Centro ospita un asilo nido, che accoglie ogni giorno, per tutto l'anno, bambini tra quattro mesi e tre anni. I piccoli sono seguiti da educatrici/educatori che lavorano lì per tutto l'anno e che spesso vengono affiancati da volontari provenienti da ogni parte del mondo.
Il mio periodo di volontariato è durato tre settimane. Una giornata tipo inizia con la colazione dei bambini verso le 8.30, la quale viene seguita da una mattinata di gioco in cui le educatrici cercano di insegnare ai bambini (sempre attraverso il gioco) numeri e colori. Verso le 11.30 si apparecchiano i tavoli e si serve il pranzo alle piccole bocche affamate. Non mancano episodi di lancio del cibo o pianti di rifiuto per verdure o cibi non graditi. Le due ore che seguono il pranzo sono dedicate alla pennichella, così da ristabilire la pace e la tranquillità, fondamentali dopo la mattinata di giochi. Il pomeriggio è dedicato al gioco libero e man mano i genitori iniziano ad arrivare a prendere i propri figli fin quando, alle 5.30, il nido non chiude.
La mia presenza è stata gradita innanzitutto agli educatori del centro, poiché in quel periodo il personale dello staff era molto ridotto. La parte principale e significativa dell'esperienza è stata condividere ogni giornata, dalla mattina al tardo pomeriggio, con i bimbi dell'asilo nido: sono figli di immigrati eritrei, etiopi, filippini che di giorno hanno bisogno di qualcuno che li accudisca mentre i genitori sono al lavoro. Piccole pesti con sorrisi enormi che trasmettono gioia ogni secondo. Non importa se loro parlano ebraico e io italiano, non importa se la loro carnagione è scura e la mia più chiara, non importa se io sono più grande e fatico a entrare nella casetta dei giochi in cortile: per questi bambini quello che più conta è la voglia e gioia giocare.
* 23 anni, di Sesto San Giovanni, studentessa del corso di laurea magistrale in Politiche per la cooperazione internazionale allo sviluppo, facoltà di Scienze politiche e sociali, campus di Milano