di Matteo Bergamaschi *
Non è stato semplice. Ho dovuto chiedere consigli, scrivere molteplici messaggi, lettere, focalizzare i miei sforzi sul raggiungimento dei requisiti necessari per poter fare l’application in tempo utile avendo, inoltre, la consapevolezza che tutto ciò che stavo facendo culminava in un unico momento corrispondente all’apertura di una mail. Non volevo destinazioni di ripiego. O tutto o niente.
Alla fine però la costanza e la dedizione sono state premiate, la mail con i risultati della selezione ha ufficializzato ciò che stavo aspettando da mesi: University of California, Los Angeles (Ucla).
Un’esperienza illuminante. Potrà sembrare banale descriverla con questo aggettivo ma è il termine più consono per esprimere il significato di un’esperienza come questa.
Sono molti i motivi che possono indurre uno studente universitario a scegliere di trascorrere un semestre scolastico all’estero: la volontà di imparare o migliorare una lingua straniera, il desiderio di ampliare il proprio bagaglio culturale o il valore aggiunto dato al curriculum da un’esperienza internazionale. Ora posso però affermare che non si ottiene solo questo in cambio della disponibilità a mettersi in gioco, c’è ben altro.
Ciò che rimane veramente alla fine del semestre, ciò che rende appunto illuminante una tale esperienza, è la capacità che si acquisisce di uscire dalla propria “comfort-zone”, assieme alla flessibilità che permette di adattarsi a situazioni nuove e alla rinnovata apertura mentale dovuta all’incontro con persone di diverse nazionalità. Non solo però: si ottiene anche la consapevolezza di una maggiore maturità e indipendenza e un’idea più definita riguardo a quale possa essere la propria strada futura, sia essa in Italia o all’estero.
È un’esperienza che si rivela come un crogiolo di “soft-skills” fondamentali alla propria crescita, ma indipendenti comunque dalla scelta della specifica università estera effettuata prima della partenza.
Per quanto mi riguarda, è stato infatti il prestigio dell’università associata al mio ideale di campus universitario e di città con cui confrontarsi che mi hanno portato a scegliere la Ucla in particolare. Ho voluto quindi focalizzare il mio soggiorno a Los Angeles sull’obiettivo di mettermi in gioco, cogliere ogni opportunità che si presentava e “vivere la città”.
Per questo motivo, ho deciso di vivere in un “dorm” insieme a studenti provenienti da tutto il mondo e, insieme a loro, ho partecipato alle feste delle confraternite universitarie, alle registrazioni di programmi televisivi come “The Voice” e “Late Late Show” e assistito a partite di basket sia dell’Nba che della squadra collegiale della Ucla. Ho frequentato inoltre i ristoranti e i club di Los Angeles, ho stretto legami con professori, ho fatto diversi viaggi, giocato a calcio e a basket anche con persone che conoscevo direttamente sul campo da gioco e, infine, ho vissuto festività tipicamente americane come il “Thanksgiving” e Halloween e sperimentato lo spoglio dei voti per le elezioni per la presidenza degli Stati Uniti insieme ad altre migliaia di studenti in un evento organizzato dall’Università.
Certo, per poter affrontare questa esperienza occorre prima sconfiggere l’attrito iniziale che ci confina all’interno della nostra “comfort-zone”, ancorati a tutte le certezze che ci hanno sempre sostenuto. Tuttavia, se si supera questo freno intrinseco della nostra natura, si verrà ripagati di tutti gli sforzi fatti. Questa non è solo un’esperienza di studio all’estero, è un investimento sul proprio futuro professionale e personale.
Illuminante.
* 21 anni, di Crema, studente del terzo anno della laurea triennale in Economia e gestione aziendale, facoltà di Economia, sede di Milano