Un Paese vecchio e con gravi criticità, che può trovare nelle reti di relazioni un’ancora di salvataggio per uscire dalla crisi. Il presidente dell’Istat Giorgio Alleva dipinge così l’Italia alla luce del Rapporto annuale 2018, che ha presentato nei giorni scorsi agli studenti dell’Università Cattolica.
Secondo il professor Alessandro Rosina, direttore del Dipartimento di Scienze Statistiche, Alleva ricopre il ruolo più difficile in questo momento per il nostro Paese, secondo soltanto al Presidente della Repubblica. Infatti, come ha affermato il professor Giovanni Marseguerra, delegato rettorale al coordinamento dell'Offerta Formativa, portando il saluto del rettore Franco Anelli, «il rapporto ci ricorda che prima di proporre soluzioni ai problemi del Paese bisognerebbe partire dai dati reali ma la cultura del dato è spesso assente». Anche perché, come ha sottolineato il preside della facoltà di Economia Domenico Bodega, «offre strumenti utili non solo per chi fa ricerca, ma anche e soprattutto per chi ha il compito di prendere decisioni».
Il dato principale messo in luce dal presidente dell’Istat è il calo demografico del nostro Paese: per il terzo anno consecutivo la popolazione italiana è diminuita e per il nono anno consecutivo le nascite sono in calo, soprattutto a causa della diminuzione di donne in età fertile. In compenso l'aspettativa di vita è aumentata a 81 anni per gli uomini e 85 per le donne. Il progressivo invecchiamento della generazione del baby boom degli anni ‘50/‘60, unito ai dati precedenti, ha reso l'Italia il secondo Paese più vecchio del mondo dopo il Giappone, con quasi 169 anziani ogni 100 giovani.
La situazione demografica ha un impatto rilevante anche sull'economia del sistema-Paese, in lenta crescita dopo anni crisi (il Pil 2018 è previsto in rialzo dell'1,5%, la stessa cifra del 2017). L'occupazione è arrivata alla cifra record di 23 milioni di occupati, ma con tre grandi criticità: le donne, i giovani e il Sud.
Per reagire alla crisi, il rapporto Istat 2018 si è concentrato sull'analisi delle reti, delle relazioni che permettono alle persone di sostenersi a vicenda durante i periodi difficili. Il 59% degli italiani può contare su amici e reti di sostegno, il 20% su una sola delle due reti, mentre il 5,8% (3 milioni di persone) dichiarano di non avere nessuna rete a loro sostegno.
Nonostante l'aumento delle interazioni mediate dalla Rete, le forme di socialità tradizionale sono riuscite ad affiancare quelle virtuali, con il risultato che anche per la maggior parte dei giovani l'interazione faccia a faccia rimane quella considerata più appagante.
I giovani che investono nella propria formazione e ottengono almeno una laurea sono premiati sul mercato del lavoro sia come ottenimento di una posizione sia come qualità del lavoro stesso. L'università, insomma, si conferma la rete delle reti, che mette in contatto gli studenti con imprese, enti di ricerca e associazioni non profit. E la centralità delle università italiane è superiore a quella di Francia e Spagna.