Perché studiare il greco e il latino? A cosa servono? «Sono le domande che si pongono spesso studenti e docenti a proposito dell’insegnamento di queste materie, che presentano il mondo classico sempre e solo sotto forma di lingua e letteratura». Esordisce così Maurizio Bettini, professore della facoltà di Lettere e Filosofia all’Università di Siena, introducendo il convegno Tradizione classica e cultura contemporanea promosso dall’Università Cattolica in collaborazione con le Università di Milano e di Pavia.
Durante le due giornate di studio, che si sono svolte il 9 e 10 giugno scorso, numerosi docenti di prestigiosi atenei anche stranieri, si sono confrontati sul tema cercando di capire quale potrebbe essere il ruolo della cultura classica in una realtà multiculturale come quella attuale.
Secondo il professor Bettini oggi ogni cosa viene valutata, non in base al proprio scopo, ma in riferimento alla sua possibile utilità, al profitto che se ne può o potrebbe trarre in quanto viviamo in «una società ossessionata dalla domanda: a cosa serve?».
«Premetto che è impossibile risolvere il quesito: “A che servono i greci e i romani?” – aggiunge Bettini –. L’attuale società del “servire a” sta strumentalizzando la cultura, rendendola e sminuendola a un oggetto, mentre occorre preservare il significato del patrimonio culturale, all’interno di una memoria culturale, che lo tenga insieme e lo tuteli». Maurizio Bettini afferma inoltre che è assolutamente necessario liberarsi dalla convinzione che il mondo classico sia un’imposizione, iniziando a guardare gli antichi non come “padri” ma come “altri”.
Un punto di vista che possa permetterci di costruire un confronto con il greco e il latino, che – come dichiara Cristiana Franco dell’Università per Stranieri di Siena – può rivelarsi un utile strumento di mediazione culturale. Infatti lo studio del latino permette di conoscere l’origine di alcuni concetti chiave delle culture e delle istituzioni europee e questo è importante per i mediatori culturali che devono creare un “ponte” linguistico e culturale tra persone di origine e diversa nazionalità.
Inoltre per la professoressa Franco agli studenti stranieri, soprattutto cinesi e giapponesi, interessati allo studio del nostro idioma, serve un confronto con le lingue romanze, in modo da indagare le radici che stanno dietro le irregolarità grammaticali della lingua italiana.
Potrebbe sembrare strano, ma in Giappone è molto diffuso lo studio della letteratura latina, tanto che a Tokyo e a Osaka sono stati inaugurati corsi di lingua e cultura latina aperti anche a un pubblico non accademico. Il loro interesse nella cultura romana ce lo dimostrano i “manga”, i fumetti giapponesi il cui mercato vanta una forte diffusione e una continua crescita. In particolare, è aumentata esponenzialmente la produzione di manga “seinen”, rivolti agli adolescenti maschi.
Di come i fumetti possano aiutare a illuminare il profondo interesse degli asiatici nei confronti della storia latina ha parlato Giuseppe Galeani, docente all’Università di Pavia. «Il manga non è solo una forma di lettura, ma una vera e propria interpretazione della realtà», dichiara Galeani. «Il mondo dei fumetti giapponesi e delle adattazioni animate, dette “anime”, sta conquistando un numero sempre maggiore di adolescenti, che incontrano il mondo antico grazie alle rivisitazioni dei disegnatori».
Nel corso della sua relazione, Galeani, a partire dai manga Eureka e Thermae Romae, rispettivamente di Hitoshi Iwaaki e Mari Yamazaki, ha appurato come, per procurarsi un’attendibile ossatura storica, i due autori abbiano condotto un ponderoso approfondimento di ricerca culturale, che arricchisce anche le conoscenze dei lettori.
«Questo è una prova ulteriore di come anche oggi il confronto dei moderni con la storia e la cultura classica è vivo», conclude il professor Galeani. Ma anche “insostituibile”. E ciò in virtù della «sua capacità di stimolare riflessioni, criticità e addirittura polemiche a qualunque latitudine, anche nel misterioso paese della “gente dalle facce piatte”».