Durante il secondo incontro di studio "Come trovare ciò che si cerca in archivio…esperienze a confronto" sono state presentate le tesi di laurea di alcuni neodottori della sede bresciana dell’Ateneo, che hanno avuto come denominatore comune la ricerca in archivio.
Con questa iniziativa, promossa dall’Archivio per la Storia dell’Educazione in Italia e coordinata dal prof. Gianmario Baldi, docente di Archivistica alla Cattolica di Brescia, si è voluto trasmettere agli studenti il senso di una ricerca storica basata sullo studio delle carte d’archivio e divulgare i significativi risultati a cui può portare un approccio serio e rigoroso alle fonti documentali. Dopo la breve introduzione di Rolando Anni dell'Archivio storico della Resistenza bresciana e dell’età contemporanea, la parola è passata agli studenti.
Il primo intervento è stato quello di Monica Ginder (facoltà di Lettere e Filosofia), la cui tesi "Gaetano Bonoris (1861-1923) e la sua idea innovativa di assistenza" ha ricostruito, grazie all’analisi dei documenti conservati in tre archivi bresciani (Archivio di Stato, archivio della Congrega della Carità Apostolica e archivio della Fondazione Casa di Industria Onlus), l’evoluzione del concetto di beneficenza a Brescia nel XIX secolo. L’attenzione si è focalizzata sulla Fondazione Gaetano Bonoris, primo esempio di fondazione bresciana con un proprio patrimonio separato da quello dell’ente che lo gestisce. L’istituzione nasce nel 1928 grazie al lascito testamentario del conte Bonoris, che nomina la Congrega della Carità Apostolica erede universale delle sue ricchezze, destinate a bambini privi del sostegno famigliare nei territori bresciani e mantovani.
Con la tesi "Gli archivi come memoria della comunità: la prima contesa tra S. Apollonio e S. Sebastiano in Lumezzane (1642-1645)" Davide Pellegrini (facoltà di Lettere e Filosofia) ha sottolineato quanto sia importante l’archivio per conservare la memoria di una comunità. Nel descrivere il suo lavoro di ricostruzione della prima contesa legale tra le comunità di S. Sebastiano e di S. Apollonia in Lumezzane, tenutasi tra 1642 e 1645, Davide ha evidenziato gli aspetti più squisitamente metodologici della ricerca, ricordando la necessità di applicare nella maniera più rigorosa possibile il metodo scientifico, in quanto ogni ricerca storica deve fondarsi su dati sicuri, per poter così comporre un quadro unitario, giustificato e sensato, in grado di collegare il passato con il presente.
Il lavoro di Alice Baresi (facoltà di Lingue e Letterature straniere) su "La ricerca dell’umano oltre la scienza. Mary Shelley, Kazuo Ishiguro e una biblioteca non solo scientifica" ha preso avvio da un documento della raccolta di autografi sette-ottocenteschi conservata nella Biblioteca di Storia delle Scienze “Carlo Viganò”: si tratta della lettera dello scienziato bolognese Giovanni Aldini, nipote di Luigi Galvani e autore di studi sull’elettricismo. Grazie ai suoi esperimenti tesi alla rivitalizzazione dei corpi umani mediante scosse elettriche, Aldini viene considerato una delle fonti del Frankenstein di Mary Shelley: dall’analisi del celebre romanzo ottocentesco Alice ha spostato poi la sua attenzione sul testo contemporaneo Never Let me go di Kazuo Ishiguro.
In questo percorso sulla funzione della scienza tra XIX e XXI secolo si sono affrontati temi profondi e complessi quali il rapporto tra scienza e fantascienza, tra scienza ed etica ed il ruolo della creazione artistica, grazie alla quale si può ancora conservare ciò che è umano in una società postumana.