di Antonietta Porro *
Qualche “cinguettio” sui social lo aveva anticipato: Aristotele… E le anticipazioni erano accompagnate dai soliti commenti terroristici, dalle solite dichiarazioni di incapacità a tradurre da parte dei più diretti interessati, peraltro valide per tutti gli autori ipotizzati, salvo alcuni, come Esopo, tradizionalmente simbolo di facilità. Le aspettative dei media puntavano su Platone e Plutarco, perché sono stati tra gli autori più “gettonati” dal Ministero agli esami di stato, ma, come sempre, si trattava di gioco d'azzardo, non di previsione statisticamente fondata, perché la statistica non funziona bene sui piccoli numeri.
Il Miur ha scelto Aristotele, un passo dell'Etica Nicomachea, corrispondente all'incipit dell'VIII libro (1155a). Un passo interessante, sul piano tematico: parla del valore dell'amicizia, della sua necessità in tutte le fasi della vita, della sua natura di legame tra gli individui ma anche tra le “città”, cioè tra le realtà politiche. Ci sono, nel testo, anche alcuni passaggi che meriterebbero un approfondimento sul piano etico: sarebbe stato bello che gli studenti lo leggessero in classe, sotto la guida dell'insegnante.
Sul versante traduttivo, si dovrà ammettere che questo passo non è facile, anche se potrà consentire agli studenti migliori di dare buona prova di sé. Aristotele è quasi sempre autore arduo da interpretare, per la qualità dei concetti espressi e per il suo argomentare stringente, e soprattutto per l'insidia determinata dal carattere della sua prosa, che procede spesso per giustapposizioni di concetti e non di rado è connotata, anche sul piano sintattico, da costruzioni non lineari. Il passo che gli studenti del classico si trovano a tradurre non è esente da qualche problema di questo tipo: la sezione centrale del testo, in particolare, darà loro del filo da torcere, e forse qualcuno potrà essere messo in difficoltà anche dall'inizio, chiaro ma molto essenziale nella formulazione.
Personalmente credo si sarebbe potuta fare una scelta migliore. Una prova d'esame deve presentare un grado di difficoltà medio, perché si possa verificare che l'obiettivo delle conoscenze linguistiche conseguibili a livello liceale sia stato effettivamente raggiunto. Mi aspetto – con non pochi timori – che i detrattori della traduzione come prova d'esame approfittino per sciogliere ancora una volta la campana che suona: “la versione è una prova superata”. E invece sarebbe una prova straordinariamente efficace, se solo si scegliesse il passo da sottoporre agli esaminandi con l'accortezza necessaria.
* docente di Lingua e letteratura greca, facoltà di Lettere e filosofia, sede di Milano