Fare fotografia in tempi di isolamento, mantenendo il medesimo approccio all’immagine e alla composizione ma ottenendo risultati diversi sulla scorta delle limitazioni di movimento imposte dalla normativa in vigore e che hanno obbligato le persone a un ridimensionamento dei propri confini visivi, quotidiani e geografici. È il concetto alla base dell’ultimo progetto di Arnaldo Abba Legnazzi, laureato al Dams, campus di Brescia, e oggi fotografo professionista, che con la serie “200 metri da casa” ha documentato il perimetro circostante alla sua abitazione milanese, lavorando sui dettagli in piena vista e focalizzandosi su porzioni di elementi e geometrie sino ad eleggerli a soggetto di composizioni che mostrano una realtà nota e inedita allo stesso tempo.
«200 metri da casa, dal nome dell’ordinanza del governo per l’emergenza Covid-19, è la rappresentazione di luoghi ordinari attraverso la visione confinata dalla quarantena – racconta Arnaldo –. Esattamente come la casa, anche per le strade sono pervase da una sensazione d’immobilità: l’atmosfera è statica e silente come in sogno, un mondo metafisico di luce dura e ombre scolpite, nella quasi totale assenza di persone. In attesa di sapere quel che accadrà nei prossimi mesi, ora in questi 200 metri fatti di luoghi ordinari e familiari che in tempi di normalità abbiamo solcato centinaia di volte senza prestarvi molta attenzione, stiamo riscoprendo dimensioni nuove, senza bisogno di andare lontano».
Architetture, elementi d’arredo urbano, facciate di edifici punteggiate da sequenze di aperture, cartelli stradali e, talvolta, persone. Gli scatti danno forma a una sorta di diario per immagini quotidiano che Arnaldo ha iniziato a sviluppare agli inizi del lockdown e portato avanti fino al 3 maggio, data-simbolo della fine della cosiddetta Fase 1. Il racconto è oggi visibile sul portale www.perimetro.eu che con la rubrica “Quarantine Diary” ha creato un archivio fotografico in cui sono raccolti i reportage di alcuni fotografi milanesi considerati tra i più talentuosi del momento.
«La spesa settimanale e le commissioni nei dintorni di casa sono diventate l’occasione per osservare con occhi nuovi oggetti e scorci noti. Il mio approccio al mezzo e all’estetica fotografica, tuttavia, è rimasto lo stesso di prima: ho l’ossessione per la luce, lavoro molto sul concetto di serialità, mi focalizzo su forme, colori e volumi con inquadrature molto strette che mi permettono di astrarre i soggetti. Dal punto di vista tecnico uso lenti lunghe, inoltre cerco sempre di semplificare al massimo la visione d’insieme», spiega Arnaldo.
E così, quello che inizialmente poteva sembrare un limite geografico e spaziale, è diventato un’opportunità. «Al di là del valore documentario che innegabilmente il mio lavoro - così come quelli di altri fotografi in Italia e nel mondo - va assumendo in relazione a questo momento storico, trovo positivo l’esserci liberati dal fatto di dover vendere il nostro lavoro a tutti i costi. Stando nelle nostre case siamo tutti maggiormente proiettati sull’assorbimento di contenuti piuttosto che sulla normale produzione e questo, in qualche modo, ci ha messo nelle condizioni ideali per, da un lato, operare riflessioni generali, dall’altro focalizzarci sui soli soggetti che avevamo a disposizione».
All’inizio di aprile Arnaldo ha inoltre partecipato all’asta benefica “100 fotografi per Bergamo” donando un suo scatto della serie “Pantelleria”. Il ricavato è stato interamente devoluto all’associazione Maite all’interno del progetto Super Bergamo - attivo per far fronte alle richieste di nuove povertà legate all’emergenza Covid-19 attraverso un servizio di spesa solidale - e all’ospedale San Paolo dove è stato finanziato l’allestimento di una stanza Covid Mamma-Bambino, con monitor e termoculla per le mamme che hanno contratto il virus e non hanno possibilità di stare con i neonati dopo il parto.
In alto uno scatto della serie “200 metri da casa”