di Gianni Sibilla *
Come tutti i grandi artisti, David Bowie sembrava immortale. Nessuno si aspettava la sua scomparsa, a 69 anni, per un cancro diagnosticato 18 mesi fa - una malattia che era riuscito a tenere completamente privata. Solo l’8 gennaio, il giorno del suo compleanno, era uscito “Blackstar”, il suo nuovo album di cui si parlava da settimane. L’ennesimo capolavoro, l’ennesimo disco spiazzante di una carriera basata sulla rottura delle convenzioni e delle barriere. E un disco la cui bellezza aveva rafforzato l’idea che fosse un intoccabile, uno per cui le leggi della natura non fossero applicabili. Ovviamente non era così.
Eppure David Bowie si era ritirato dalle scene per quasi un decennio per problemi di salute. Il suo ritorno nel 2013 con “The next day” aveva colto tutti di sorpresa: ormai si dava per finita la sua carriera. Che invece si è conclusa con due dischi degni del suo nome.
Poco tempo fa era stato creato un sito, "What did Bowie do at your age?”: si inserisce un anno, e mostra quello che il Duca Bianco - così lo chiamavano, per via di uno dei suoi tanti personaggi, il “Thin white duke” - aveva già fatto in quel periodo. Sconfortante, per i comuni mortali, normale per uno che era sempre avanti a tutti.
Non c’è un campo artistico in cui David Bowie non sia stato pioniere: la musica, prima di tutto: ha scritto canzoni fuori dagli schemi, diverse e uniche, che rimarranno per sempre nell’immaginario culturale, non solo in quello musicale.
Ma David Bowie, già decenni fa, ci ha insegnato che per un cantante la musica viene prima di tutto, ma non è tutto. Una lezione che oggi diamo per scontata, nell’era dell’immagine e della rete. Ma con il suo look, i suoi personaggi ambigui, il suo trasformismo, i suoi film e i suoi video, il suo uso della tecnologia e dei media ci ha insegnato che la musica pop e rock è un’arte totale, “multimediale”, si sarebbe detto qualche tempo fa con una parola ormai passata di moda.
E ha continuato a farlo: è stato tra i primi a usare internet e a sperimentare la musica liquida, quando tutti gli altri artisti ne erano terrorizzati. I suoi ultimi videoclip, “Blackstar” e “Lazarus” sono tra le cose più belle viste negli ultimi anni, non solo musicalmente, ma visivamente. In pochi minuti mettono in gioco una quantità di idee che altri artisti faticano ad avere in una carriera intera.
Se ce ne fosse ancora bisogno nel 2015, l’opera di David Bowie è la dimostrazione che il pop e il rock sono Cultura, con la “C” maiuscola.
* direttore del master "Comunicazione musicale" dell’Università Cattolica e caporedattore di rockol.it dove si possono trovare gli aggiornamenti sulla scomparsa di David Bowie