Un invito a superare le secche delle polemiche e a guardare al Concilio come a un evento che non è consegnato alla storia ma sta davanti a noi. Questo l’invito della prolusione ai corsi di Introduzione alla teologia pronunciata lo scorso 3 marzo da monsignor Jean–Louis Bruguès, segretario della Congregazione vaticana per l’Educazione cattolica.
Una lezione, che indicando l’evento conciliare come bussola per i tempi futuri, ne ha individuato una chiave interpretativa nella prospettiva ispirata alla filosofia dell’alterità di Emmanuel Lévinas: «Il Concilio Vaticano II – ha detto il vescovo – ha voluto collocare l’ascolto degli altri al centro della chiesa, della società, in fin dei conti, di ogni vita umana. Questo ascolto su declina in tre proposizione: il gusto dell’Altro; la sollecitudine per l’altro; la percezione di se stesso come un altro».
L’Altro con la A maiuscola è il “totalmente altro”. L’ascolto della Parola di Dio sta alla base di tutta la costruzione conciliare, e la Cosituzione Dei verbum è come l’ouverture dalla quale sono suggeriti i temi sviluppati dall’intera opera musicale». Il Concilio ha rimesso nelle mani dei fedeli la Bibbia, e da allora si è sviluppata una vera e propria “infatuazione” per la sacra scrittura, che ha prodotto una nuova stagione di riscoperta dell’ascolto della Parola di Dio, sotto la guida dello Spirito.
Ma, insieme all’ascolto dell’Altro, il Vaticano II ha alimentato un’attenzione anche per gli “altri”. «Il Concilio ha provocato una rivoluzione copernicana nelle relazioni con le religioni che non fanno riferimento a Cristo». Documenti come la Unitatis redintegratio sull’ecumenismo, o la Nostra aetate sui rapporti con le religioni non cristiane, o la Dignitatis humanae sulla libertà religiosa e il rispetto della coscienza hanno tracciato la strada per la ricerca e la nostalgia di una fraternità universale. Non sono ancora superati tutti i problemi teologici sull’azione salvifica delle religioni non cristiane concentrati nella celebre affermazione: “Extra ecclesiam nulla salus”. «Le società caratterizzate dal pluralismo religioso come le nostre – ha proseguito Bruguès – non potranno più fare a meno del dialogo interreligioso, diventato un elemento essenziale della pace sociale». E gli stessi pubblici poteri sono riusciti ad andare oltre la difesa della “laicità negativa”, mettendo in campo una forma “positiva” che fa delle religioni «partner sociali e dà alla comunità confessionali il diritto di esprimersi nell’arena pubblica».
Ma la sollecitudine per l’altro è anche l’attenzione per il mondo. Il Concilio non poteva in quel preciso momento storico prevedere la globalizzazione, la caduta delle ideologie, il rischio di scontro di civiltà, le sfide della bioetica, la bomba ecologica o la diffusa indifferenza religiosa dei nostri giorni. «Tuttavia possiamo dire che il Vaticano II abbia inculcato nei cristiani un principio di benevolenza verso il mondo così com’è. In questo mondo così concreto, così carnale, talvolta così ombroso, lo Spirito continua a scrivere la storia della salvezza. Questo mondo, Dio lo ama: come non essere presi di sollecitudine nei suoi confronti?». Questo impegno si è tradotto, pur con qualche estremizzazione retorica, nello sviluppo di un’etica dei diritti umani tra i cristiani. Deve tradursi sempre più, nel tempo della secolarizzazione, nello slancio per la nuova evangelizzazione.
L’ultima dimensione dell’ascolto, monsignor Bruguès lo ha dedicato alla percezione di se stesso come un altro, evocando l’amore dei battezzati per la Chiesa come mistero. Citando la Costituzione Lumen gentium ha spiegato come il Vaticano II si sforzi di rendere la nostra comprensione della Chiesa più profonda e più “affettiva”. In questa chiesa intesa come mistero e non più solo come struttura gerarchica, il Concilio ha dato una nuova collocazione al laicato e gli ha affidato grandi responsabilità nella vita sociale e politica. «Riconosciamo volentieri – ha concluso il segretario della Congregazione – riconosciamo volentieri che un’università come la vostra non ha aspettato il Concilio per formare con cura i quadri di cui la Chiesa e la società avevano bisogno; tuttavia si trova più che mai incoraggiata dal Concilio a risvegliare i laici a questa cultura cristiana, a questo umanesimo cristiano che minaccia di sparire nel’orizzonte delle società secolarizzate».