In un’epoca in cui i processi della modernizzazione hanno imposto come unica condizione di sopravvivenza del sapere l’utilità sociale, c’è ancora spazio per la cultura umanistica? Per rispondere alle provocazioni poste dall’internazionalizzazione e dalla globalizzazione è possibile rilanciare gli studi storico-letterari, che da sempre hanno contribuito a modellare i contorni della coscienza civile, o è inevitabile l’abdicazione a favore del sapere tecnico-scientifico? A questa sfida impegnativa hanno provato a rispondere, insieme, l’Università Cattolica del Sacro Cuore e l’Università degli Studi di Milano. I due atenei, infatti, hanno dato vita nel 2010 a un network di collegamento che, grazie al sostegno finanziario della Fondazione Cariplo, ha permesso la realizzazione del programma di alti studi dottorali “Lombardia e Europa”.
Questo progetto, dispiegatosi nell’arco di un quadriennio e conclusosi quest’anno, ha avuto come scopo essenziale quello di alimentare nuove linee di studio e di formazione altamente qualificata. Fulcro dell’iniziativa il contributo che Milano e il territorio lombardo hanno fornito allo sviluppo civile e alla crescita della cultura, in un rapporto di continuo interscambio con il contesto sovraregionale italiano e con l'intero scenario europeo. Le risorse messe a disposizione da Fondazione Cariplo hanno consentito ai due enti universitari di assegnare borse di dottorato e assegni di ricerca di livello post-dottorale a studenti e giovani ricercatori interessati a sviluppare le linee tematiche del Programma. Inoltre, per favorire l’interscambio con il mondo accademico internazionale, sono state istituite borse di ricerca di entità più limitata per soggiorni di studio all’estero, per lo più mensili. I dottorandi e i ricercatori coinvolti sono stati in totale più di venti. L’Università Cattolica, in particolare, ha erogato due borse di dottorato triennali, tre assegni di ricerca post-dottorato e otto borse per soggiorni di studio all’estero.
Alcuni tra i frutti migliori di questa ricca e articolata attività di ricerca sono stati presentati lo scorso 11 dicembre durante un seminario nella sede della Fondazione Cariplo in via Manin, a Milano. L’incontro ha costituito il momento per tracciare il bilancio conclusivo del progetto, con la partecipazione di tutte le persone a vario titolo coinvolte nella sua realizzazione. A fare gli onori di casa Pier Mario Vello, segretario generale della Fondazione, che ha sottolineato l’importanza che Cariplo riconosce agli investimenti nella ricerca universitaria di alto livello. «Abbiamo sempre ritenuto di fondamentale importanza coltivare le eccellenze che si distinguono in ambito accademico sia nello studio che nella didattica. È importante che al centro di questo programma di studi vi sia la cultura umanistica: speriamo che in seguito all’ubriacatura neopositivista che ci ha travolti rinasca un umanesimo in grado di fornire un baricentro all’impetuoso sviluppo tecnico-scientifico».
Hanno quindi preso la parola il professor Danilo Zardin e il professor Livio Antonielli, responsabili del progetto rispettivamente per l’Università Cattolica e l’Università Statale. «Questa collaborazione è nata da un’idea dei rettori Ornaghi e Decleva - ha spiegato Zardin -. Sono state promosse congiuntamente iniziative formative aperte ai dottorandi e ai ricercatori di entrambi gli atenei. Si è trattato di cicli di lezioni, tavole rotonde e seminari che hanno coinvolto una vasta rete di studiosi esperti della tematica “Lombardia e Europa”. In modo autonomo, poi, le Università hanno organizzato alcuni seminari affidati a visiting professor provenienti da diversi atenei europei. In Cattolica sono stati invitati sei professori stranieri da Germania, Ungheria, Polonia, Repubblica Ceca e Bulgaria».
Durante il seminario si sono alternati al banco dei relatori alcuni dei borsisti che hanno aderito al programma, i quali hanno sinteticamente presentato un resoconto delle loro ricerche. Tra questi, Marzia Giuliani, Chiara Maria Carpentieri e Francesco Parnisari, dell’Università Cattolica. La prima ha studiato l’ascesa della famiglia degli Sfondrati tra Cinque e Seicento: «Questa piccola casata di provincia seppe lanciarsi dalle sue basi nel territorio periferico di Cremona alla conquista di una visibilità sempre più marcata sulla scena delle relazioni internazionali, in seno al mosaico dei domini spagnoli. Le sue leve di appoggio furono le carriere militari, l’esercizio dell’arte diplomatica, l’innesto nelle gerarchie della Chiesa, fino al vertice del papato, uniti a un vivace mecenatismo nel campo dell’arte e della cultura».
Per Carpentieri «il tema generale delle indagini è stato l’evolversi dei rapporti italo-ungheresi nei secoli dal XV al XVII. In particolare, ho sottoposto a una pionieristica indagine i fondi a stampa di tre importantissime biblioteche della regione Lombardia (l’Ambrosiana e la nazionale Braidense di Milano e la civica Angelo Mai di Bergamo) e il fondo manoscritto dell’Ambrosiana per reperire e censire tutte quelle opere che potessero costituire valide testimonianze dei complessi intrecci politici e culturali tra le due nazioni». Di tutt’altro genere, invece, le ricerche di Parnisari: «Ho indagato approfonditamente il fenomeno dell’emigrazione dalle Valli Varesine tra il Cinquecento e il primo Ottocento, a partire da fonti per lo più inedite e, specialmente, gli atti notarili conservati nell'Archivio di Stato di Milano».
’incontro si è concluso con gli interventi del professor Enrico Decleva, fino al 2012 rettore dell’Università degli Studi di Milano, e del professor Lorenzo Ornaghi (nella foto in alto), rettore dell’Università Cattolica dal 2002 al 2012, i quali, dopo aver ironicamente ricordato la rivalità che contrapponeva i due atenei milanesi all’inizio della loro storia, hanno posto l’accento sull’importanza di un rapporto interuniversitario di collaborazione. Ricollegandosi alle parole del segretario generale della Fondazione, sono tornati a riflettere sulle prospettive future degli studi umanistici. «Queste discipline non devono porsi in atteggiamento difensivo rispetto ai paradigmi culturali oggi dominanti, ma devono “passare al contrattacco” - ha sottolineato Ornaghi -. La ricerca umanistica che è stata condotta attraverso questo programma di alti studi può avere un’utilità sociale per il futuro? Se la risposta è sì, allora l’obiettivo del nostro progetto è stato raggiunto. Sperando che questo contributo non sia solo l’interruzione provvisoria di un declino fatale, ma il primo segnale di una possibile inversione di rotta».