di Andrea Diana *
Dalla teoria alla pratica. Dallo studio al lavoro. In un'azienda di Detroit. È questo il succo dell'esperienza che, insieme a un gruppo di studenti della facoltà di Economia e di Psicologia, ho potuto vivere tra luglio e agosto con Comau Summer School. Un'iniziativa che mi ha dato l'occasione di cogliere nuove opportunità formative, come quella di sperimentare in un'azienda oltre oceano, tutto ciò che l'università mi ha finora insegnato. Se a questo si aggiunge che al progetto partecipavano anche studenti con esperienze e conoscenze totalmente diverse dalle nostre, come quelli del Politecnico di Torino, è facile capire che gli ingredienti c'erano tutti per vivere qualcosa di grande. Stava solo a noi saperlo cucinare.
Atterrato sul suolo americano non sapevo esattamente cosa aspettarmi, anche perché il progetto era alla sua prima edizione. Alle 7 c'erano già le limousine che ci aspettavano per accompagnarci nella sede di Detroit della Comau, un'azienda italiana leader mondiale nell'automazione e soprattutto nell'automotive. Un'ora dopo la presentazione del corso, che avrebbe previsto un impegno quotidiano dalle 8 alle 17.30, che poi sarebbero diventate sempre le 18. Weekend liberi con attività caldamente suggerite e, per concludere, esami il lunedì mattina. Come dire che i nostri sogni di divertimento e di visite turistiche sono andati in frantumi in un attimo.
Il programma era diviso in due parti: Project Management la prima settimana e People Management la seconda. I nostri professori erano i manager dell'azienda che ci spiegavano la teoria, mostrandoci subito il lato concreto delle questioni attraverso video, work groups, racconti di esperienze dirette. Abbiamo poi avuto l'occasione di trascorrere tre giorni con i manager di funzione e il project management e toccare con mano cosa vuol dire partecipare a un meeting, organizzare il lavoro, le persone e gestire ogni evento imprevisto tempestivamente e nella maniera più semplice possibile.
Eravamo sempre accompagnati dalla nostra tutor della Cattolica Silvia Ivaldi e dal formatore aziendale e consulente Marco Rigamonti, che ogni giorno, insieme ai professori, ci davano consigli su come migliorarci. Lavorando fianco a fianco con gli studenti di ingegneria siamo subito riusciti a collaborare ottimamente, a tirare fuori il meglio delle rispettive competenze in vista del miglior risultato. I team però cambiavano quasi ogni volta. Per questo alla fine ci siamo ritrovati come un'unica squadra in cui tutti si sostenevano a vicenda anche quando la sfida era dura.
Lo abbiamo dimostrato anche quando abbiamo messo in atto le nostre capacità organizzative realizzando una super grigliata per 36 persone: addetti alla spesa, addetti alla cucina, addetti ai servizi e voilà. È stato il giorno in cui la Summer School mostrava l'altra faccia: l'opportunità di crescere anche sotto un profilo relazionale, di conoscere persone nuove con le quali lavorare e vivere insieme per tutta la durata del progetto. Le occasioni per divertirsi quindi non sono mancate, pronte per essere colte. Il detto che circolava tra noi era "Work hard and Party Harder". Siamo riusciti a trovare davvero il perfetto connubio tra lavoro e svago.
Tra studenti e professori ho incontrato tante persone che mi hanno insegnato molte cose, tra cui l'importanza e il valore del lavoro di squadra. La Summer School è stata l'occasione per mettersi alla prova e affrontare un rush di due settimane e mezzo molto intense sotto l'aspetto lavorativo: poche ore di sonno e la soddisfazione di realizzare progetti apprezzati da persone con esperienza decennale nel loro campo professionale. È stata come una griglia di partenza da cui iniziare ad affrontare il mio futuro con una diversa consapevolezza delle mie capacità e con una visione più chiara sulla strada da percorrere.
* 24 anni, di Crema e studente della laurea magistrale in International management