Decessi per Covid-19 ridotti in questo inizio di seconda ondata rispetto alla prima, il numero di decessi tra febbraio e marzo aumentava giornalmente del 4,6%, mentre tra settembre e ottobre l’incremento è sceso sensibilmente, attestandosi allo 0,13%.
Tuttavia, la curva dei contagi ha assunto di nuovo un andamento esponenziale, la preoccupazione maggiore è che la crescita possa tornare ad aumentare la pressione sulle strutture ospedaliere, in particolare nelle terapie intensive. Ben 7 Regioni sono da “codice rosso”, che palesano un aumento dei ricoveri in ospedale e nelle terapie intensive molto sostenuto se confrontato con quello della fase acuta registrata ad aprile: Campania (ricoveri più che raddoppiati rispetto ad aprile - +2,4 volte -, terapie intensive +88%), Lazio (ricoveri +1,3 volte rispetto ad aprile, terapie intensive +82%), Sardegna (ricoveri +2,5 volte rispetto ad aprile, terapie intensive più che raddoppiate - +126%) e Sicilia (ricoveri e terapie intensive +1,3 volte rispetto ad aprile). Osservate speciali sono invece Abruzzo (rispetto ad aprile ricoveri +71,6% e terapie intensive +25,3%), Friuli Venezia Giulia (rispetto ad aprile ricoveri +54,4% e terapie intensive +38,3%), P.A. Bolzano (rispetto ad aprile ricoveri +54,6% e terapie intensive +19,3%), Calabria (rispetto ad aprile ricoveri +73,6% e terapie intensive +62,5%), Molise (rispetto ad aprile ricoveri +62,5% e terapie intensive +25%), Piemonte (rispetto ad aprile ricoveri +50,9% e terapie intensive +20,8%), Toscana (rispetto ad aprile ricoveri +63,8% e terapie intensive +37,4%), Liguria (rispetto ad aprile ricoveri +62,5% e terapie intensive +22,9%), Valle d’Aosta (rispetto ad aprile ricoveri +74,1% e terapie intensive +7,4%) in “codice giallo”.
Questi sono i principali indicatori aggiornati al 24 ottobre dei dati relativi all’emergenza Covid-19 dell’Osservatorio Nazionale sulla Salute nelle Regioni Italiane coordinato dal professor Walter Ricciardi, Direttore dell’Osservatorio e docente di Igiene generale e applicata all’Università Cattolica, e dal dottor Alessandro Solipaca, Direttore Scientifico dell’Osservatorio.
Rispetto alla prima fase, è confortante la sensibile riduzione dei decessi, dovuta sia a una maggiore capacità di cura sia a una popolazione meno fragile. Questa ultima considerazione nasce dal fatto che nella prima fase sono decedute le persone più anziane e quindi meno in grado di resistere al virus, nonché dalla probabile diminuzione della popolazione suscettibile.
È importante migliorare la capacità di tracciamento dei contagi, per evitare il più possibile che gli asintomatici possano trasmettere in maniera inconsapevole il virus come accaduto nella prima fase della pandemia, dichiara il dottor Solipaca.
Rispetto alla diffusione del contagio, «è stato molto grave – afferma il professor Ricciardi - che, nella prima fase, circa 700 mila siano “sfuggiti” alla diagnosi pur avendo i sintomi riconducibili al virus, questo ha favorito sicuramente molti contagi che si sarebbero potuti evitare con un confinamento fiduciario». Infatti, dai dati relativi all’indagine sierologica condotta dall’Istituto Nazionale di Statistica e dall’Istituto Superiore di Sanità (Istat-ISS), il 66% dei positivi ha dichiarato di aver avuto i sintomi riconducibili al virus. In particolare, il numero stimato di persone con anticorpi SARS-CoV-2 e sintomi era pari a 981 mila, mentre alla data del 27 luglio i contagiati totali registrati erano 246 mila, cioè oltre 700 mila in meno.
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