Sei storie di donne intrise di forza, costanza, consapevolezza, resilienza, volontà e passione, sei viaggi nella quotidianità di ognuna di loro per dare vita ad una narrazione a mosaico dove il racconto, raffinato e veritiero, di vicende personali diviene in grado di sganciarsi dalla dimensione più personalistica per elevarsi ad emblema di condizioni universali.
È il perno narrativo attorno al quale ha preso vita The Ladies Diary, docufilm ideato, scritto, girato e interamente prodotto dai cinque professionisti dell’audiovisivo bresciani - di cui tre laureati al Dams - Sara Trevisan (regista), Fabio Piozzi (operatore e colorist), Luca Vassalini (autore e sceneggiatore), Emanuele Bresciani (editor, montaggio e audio) e Corrado Galli (direttore della fotografia), che insieme formano la casa di produzione multimediale “The walking cat”.
Opera prima della troupe neo-formata in occasione del progetto girato in Birmania e dedicato alla condizione femminile nel sud-est asiatico, il documentario è attualmente disponibile in lingua inglese negli store di Amazon Prime di Stati Uniti e Regno Unito, e approderà nel nostro Paese il prossimo autunno in versione appositamente doppiata in Italiano.
Birmania, 2020. In una terra dal passato segnato da anni di dittatura, discriminazioni, razzismo, e totalitarismo mascherato, s’intrecciano le sei storie di vita – umana e professionale – di Ketumala, monaca dall’età di diciannove anni la cui ricerca spirituale ha i connotati di una battaglia femminista per affermare il ruolo delle suore buddiste nella società locale, di Misu, direttrice di un complesso alberghiero in uno delle aree più suggestive del Paese ma il cui ultimo pensiero è offrire un’irreale immagine da cartolina o di Nyein, che quotidianamente si divide tra la carriera di mamma e quella di editor-in-chief del settore lifestyle del Myanmar Times, la testata indipendente più importante della nazione.
E poi ancora Eh eh le cui giornate sono scandite dagli allenamenti di arti marziali, non più ad esclusivo appannaggio degli uomini; Hannay cantante e fondatrice di una scuola di musica con indirizzo pop & rock, costretta a coprire i tatuaggi durante i concerti e che ha seguito le orme del padre rockstar nonostante la famiglia la volesse medico; o di Mu Lin, guida turistica in una terra che solo di recente si è aperta al turismo e che racconta ai visitatori usi, costumi e tradizioni antiche (come l’usanza femminile di portare anelli al collo) senza per forza viverle sulla propria pelle.
«Il documentario è stato interamente finanziato da noi: una scelta dettata dal voler avere massima libertà creativa. Ad esempio abbiamo scelto di non inserire una voce narrante, sono sempre le protagoniste a parlare in prima persona, inoltre ci siamo occupati del lavoro di riscrittura e doppiaggio in italiano» - ha precisato Fabio Piozzi, uno dei laureati al Dams del campus bresciano -. «Per farlo prima della partenza abbiamo pianificato dall’Italia interviste, spostamenti e giornate di ripresa per poter seguire ognuna delle protagoniste nell’arco della loro giornata tipo. Il prodotto finale, tuttavia, non è scandito in base alle singole storie, bensì mixa i punti di vista di ognuna di loro in base ad argomenti come politica, lavoro, famiglia» - ha precisato Fabio.
E così, per i 20 giorni di durata delle riprese il Myanmar ha accolto i bresciani nel periodo di poco antecedente l’avvento della pandemia, mentre il lavoro di produzione e post-produzione - condotto in un’Italia in pieno lockdown - è stato editato a distanza.
«Le sei donne intervistate ricoprono sei posizioni diverse nella società birmana, sceglierle non è stato semplice, avremmo voluto raccontare molte altre storie incontrate lungo il percorso, ma ai fini del racconto e per fornire una panoramica esaustiva, è stato fondamentale operare una selezione tra quelle più significative e diverse» ha raccontato Sara Trevisan, laureata al Dams e regista delle troupe -. Oggi la nazione è guidata da Aung San Suu Kyi, una donna vista come un’eroina, leader incontrastata che lotta per i diritti civili… siamo partititi chiedendoci se fosse veramente così palese il cambiamento. La risposta che ci siamo dati? Ni. Le cose stanno cambiando, i tempi evolvono ma parlare di parità non è ancora possibile. Per una percentuale di donne che ce la fa, ce ne sono molte altre ancora in lotta, e questo accomuna l’Oriente con l’Occidente molto più di quel che si creda. Gestione della famiglia, parità salariale…le problematiche sono le stesse per cui tutt’oggi lottano anche le donne italiane e del mondo» - ha osservato Sara.
Già, perché più duro di un diario, più veritiero di un romanzo di formazione e lontano dal voler assumere i connotati di una storia a lieto fine (il finale, del resto, la Nazione lo sta ancora scrivendo), The Ladies Diary getta un faro sugli attuali cortocircuiti tra cambiamento auspicato e cambiamento mancato in una società arcaica, femminilità e femminismo, ed il rispetto delle radici culturali che non esclude di guardare al futuro.